lunedì 7 novembre 2016

Miastenia Gravis e Crisi Miasteniche

La Miastenia Gravis è una malattia autoimmune in cui sono coinvolti linfociti B e T, caratterizzata da deficit di forza e affaticabilità. L’astenia tende ad aumentare con l’esercizio e a migliorare con il riposo.
Dal punto di vista clinico l’elemento distintivo è rappresentato dalla debolezza muscolare fluttuante nell’arco della stessa giornata o della stessa ora; usualmente il deficit di forza si accentua nelle ore serotine.

Epidemiologia
Modificazione della curva mortalità/prevalenza della Miastenia Gravis:
-       agli inizi del ‘900 la mortalità era di circa il 100% con una prevalenza estremamente bassa (malattie ad elevata mortalità sono quelle numericamente meno prevalenti nella popolazione).
-       oggi la mortalità è inferiore al 5%. Questo miglioramento è dovuto a tutti quei benefici clinici e a tutte quelle terapie che sono state negli anni introdotte.

Incidenza: 2-5 casi/milione/anno.
Prevalenza: 43-65 casi/milione di abitanti.
Come tutte le malattie autoimmuni è più frequente nel sesso femminile (3:2).
La distribuzione per età è bimodale:
-       picco precoce attorno ai 20-30 anni, più frequente nelle femmine, corrispondente alla classica forma autoimmunitaria.
-       picco più tardivo tra 60-70 anni, prevalente nel sesso maschile, prevalentemente associata al timoma (neoplasia timica benigna che nel 20-30% dei casi si può associare a MG).

Criteri diagnostici
  • ·       debolezza acquisita dei muscoli volontari con fluttuazioni della sintomatologia nell’arco della giornata
  • ·       esauribilità muscolare aggravata dallo sforzo fisico
  • ·       miglioramento dei sintomi col riposo

La fluttuazione dei sintomi è molto evidente e non ha eguali nella panoramica delle malattie muscolari e neurologiche.


Sintomatologia clinica
MUSCOLI COLPITI
  • muscoli oculari (nella maggioranza dei casi) -> ptosi fluttuante, diplopia, paralisi di sguardo (nei casi più gravi), fotofobia
  • muscoli facciali -> debolezza dell’orbicolare degli occhi, fenomeno di Bell, debolezza dell’orbicolare della bocca (sorriso miastenico)
  • muscoli orofaringei (clinicamente più fragili e rilevanti; quando colpiti richiedono un’estrema cautela nel monitoraggio del paziente) -> debolezza dei muscoli linguali (talora atrofia della lingua), debolezza dei muscoli masticatori, disfagia (debolezza della lingua e dei muscoli faringei posteriori), rinolalia (debolezza muscoli del palato), paralisi delle corde vocali
  • muscoli assiali e degli arti -> debolezza dei muscoli del collo, debolezza dei muscoli degli arti: superiori (difficoltà a pettinarsi, vestirsi, etc) ed inferiori (astenia a fare le scale, camminare, etc)
  • muscoli respiratori -> insufficienza respiratoria da paralisi delle corde vocali, inefficienza della tosse (ristagno secrezioni), debolezza muscoli intercostali e diaframma

VALUTAZIONE CLINICA
  • muscoli oculari:
-       movimenti di versione degli occhi nelle diverse direzioni dello sguardo
  • esauribilità: non dobbiamo valutare la forza estrinsecata estemporaneamente, poiché questa può essere ancora normale, ma dobbiamo valutare l’esauribilità facendo compire un movimento ripetuto al paziente, valutandone la forza prima (al tempo 0) e dopo (tempo 1).
Se il paziente ha un’esauribilità, la forza al tempo 0 sarà maggiore di quella al tempo 1.
Altre manovre di valutazione possono essere il mantenimento protratto della posizione di Mingazzini I o II.
  • distretto bulbare:
-       spingere con la lingua contro resistenza
-       fonazione e deglutizione
-       riflesso faringeo e laringeo
  • valutazione della funzionalità respiratoria. Nel paziente con impegno respiratorio non è sufficiente la saturimetria, ma bisogna monitorare la pCO2 effettuando un’emogas analisi.

Classificazione MGFA (Myasthenia Gravis Foundation of America) score
È una scala di classificazione, articolata in 5 classi, della MG che serve a valutare con un grado la debolezza muscolare del paziente.
1)    Classe I (Miastenia oculare): presenza esclusiva di un deficit di forza di muscoli oculari e/o del muscolo elevatore della palpebra. Normale la forza nel resto della muscolatura.
2), 3), 4) Classe II, III, IV: i distretti muscolari interessati sono gli stessi, ma cambia il grado di deficit di forza (leggero nella II, moderato nella III, severo nella IV).
Possibile debolezza dei muscoli oculari di qualsiasi severità.
       La sottoclassificazione si articola in IIa e IIb, IIIa e IIIb ed infine Iva e IVb, dove:
a)     indica la debolezza dei muscoli scheletrici assiali e degli arti
b)    indica l’interessamento bulbare e dei muscoli respiratori
5) Classe V: definita da intubazione con o senza ventilazione meccanica, eccetto i casi in cui sia utilizzata durante il mantenimento postoperatorio di routine. L’uso del sondino di nutrizione, senza intubazione, sposta il paziente nella classe IVb.

I pz. sono così distribuiti nelle varie classi: pazienti con miastenia oculare (grado I o classe I) 15%, pazienti di grado II (classe IIa e IIb) 24%, pazienti di grado III (classe IIIa e IIIb) 32%, pazienti di grado IV (classe IVa e IVb con necessità di sondino naso-gastrico) 16% ed infine pazienti di grado V (con crisi respiratorie) 15%.

Trasmissione neuromuscolare a livello della placca
L’ACh è immagazzinata in vescicole nel terminale del nervo motore (ciascuna vescicola contiene un “quantum” (~ 10.000 molecole) di ACh); ci sono 50-60 vescicole presinaptiche per mm2.
La fusione delle vescicole con la membrana pre-sinaptica avviene per esocitosi Ca-dipendente.
Il mediatore rilasciato si lega al recettore post-sinaptico per l’ACh posto sulla membrana muscolare, organizzata in pliche multiple che hanno lo scopo di alloggiare la maggior quantità possibile di recettore.
Il recettore per l’ACh si colloca all’apice delle pieghe, aspetto molto rilevante perché giustificherà la patogenesi di forme distinte di Miastenia Gravis.
L’ACh viene rilasciata spontaneamente in maniera quantale con la generazione di MEPP (potenziali di placca in miniatura) che non sono generati da potenziali d’azione e non generano potenziali post-sinaptici.
Se invece arriva un potenziale d’azione al terminate pre-sinaptico, stimola il rilascio di circa 150-200 quanta di ACh con conseguente depolarizzazione della membrana post-sinaptica e generazione di un EPP (potenziale di placca).

* Fattore di sicurezza: rapporto fra il numero di quanta di ACh rilasciati ed il numero di quanta necessario a generare potenziale d’azione. Più è ampio il fattore di sicurezza, più è fragile la sinapsi.

Patogenesi
La MG è una malattia autoimmune della giunzione neuromuscolare.
L’attacco autoimmunitario è diretto contro determinanti extracellulari di molecole di membrana (canali ionici o proteine trans membrana) che sono esposti agli anticorpi circolanti. Gli anticorpi più frequenti (che definiscono la miastenia sieropositiva) sono gli anti AChR (di tipo IgG1 e IgG3 quindi in grado di fissare il complemento).
I principali meccanismi di danno mediati dagli anticorpi anti AChR sono:
  • danno complemento mediato della placca neuromuscolare (meccanismo principale). La struttura organizzata in pieghe multiple viene distrutta e semplificata e la membrana linearizzata. Il numero di recettori per l’ACh diminuisce drasticamente
  • blocco allosterico del sito di legame dell’ACh
  • aumento del turnover degli AChR indotto dal legame degli anticorpi a ponte tra un recettore e l’altro.
-> Gli anticorpi anti AChR vengono definiti patogeni e specifici.

IL RECETTORE PER L’ACh
Il recettore per l’ACh è una glicoproteina integrale di membrana pentamerica costituita da 5 subunità: 2a, b, d, una subunità g nella forma fetale e e nella forma adulta. Le 5 subunità sono disposte attorno ad un canale che attraversa la membrana post-sinaptica. Ciascuna subunità a ha un sito di legame per l’ACh; quando entrambe le subunità a sono occupate, il canale si apre consentendo l’entrata dei cationi, generando il potenziale di placca.

L’80% dei pazienti con MG ha anticorpi diretti contro il recettore per l’ACh (sono definiti sieropositivi).
Il 20% dei pazienti sono considerati sieronegativi perché:
  • gli anticorpi non sono individuati dal comune test diagnostico usato
  • sono presenti autoanticorpi diretti verso altre proteine della placca neuromuscolare. Negli anni alcuni di questi anticorpi sono stati trovati ma c’è ancora una piccola percentuale di pazienti definiti sieronegativi
  • presenza esclusiva di IgM anti AChR
  • bassa affinità per l’antigene usato nel test.

RUOLO DEL TIMO
Il timo ha un ruolo importante nell’induzione e nel mantenimento della risposta autoimmune montata contro il recettore per l’ACh.
È un organo linfoepiteliale, attivo nello sviluppo dell’immunità nel bambino e che va incontro fisiologicamente a involuzione fibroadiposa. È coinvolto nella maturazione dei linfociti T e B.
Al suo interno sono presenti centri germinativi per l’espansione e la maturazione dei linfociti B, cellule T immunocompetenti e cellule mioidi che esprimono il recettore per l’ACh. È presente, quindi, un microambiente in cui vi sono tutti gli elementi che hanno un ruolo nella patogenesi di malattia.
Il 75% dei pazienti miastenici presenta alterazioni timiche:
  • iperplasia timica
  • involuzione fibroadiposa (si dibatte se sia tessuto inerte o se possa sostenere la risposta autoimmunitaria)
  • timoma (neoplasia benigna il più delle volte, più raramente carcinoma timico).

PAZIENTI SIERONEGATIVI
Come abbiamo già accennato circa il 20% dei pazienti con MG è sieronegativo per gli autoanticorpi classici (anti AChR).
  • 40% dei sieronegativi è positivo per gli anticorpi anti MuSK (IgG4)
  • 10% dei sieronegativi è positivo per gli anticorpi anti LRP4 (IgG1 e IgG2)

MuSK è una chinasi muscolo scheletrica specifica transmembrana che intrattiene rapporti di vicinanza con l’AChR, l’agrina e l’LRP4 e possiede la funzione di consentire il clustering dell’AChR sull’apice delle pieghe.
Durante lo sviluppo MuSK e LRP4 hanno il ruolo di favorire il clustering agrina-dipendente dell’AChR e, nel muscolo scheletrico maturo, di mantenere questo clustering.
Gli anti MuSK sono IgG4, quindi, a differenza degli anti AChR, non fissano il complemento e mediano un tipo di danno diverso.
Gli anti LRP4 invece sono IgG1 e IgG2 fissanti il complemento.

Classificazione clinica
Le due categorie più rilevanti sono:
1)    forma oculare. Si generalizza in circa il 50% dei casi entro i 2 anni di malattia, il che significa che una volta fatta la diagnosi di miastenia oculare devo continuare il monitoraggio clinico del paziente perché può trasformarsi in forma generalizzata
2)    forma generalizzata, che colpisce tutti i muscoli.

Secondo altri criteri classificativi, si può parlare di MG:
-       ad esordio precoce: prima dei 40 anni;
-       ad esordio tardivo: dopo i 40 anni;
-       ad esordio associato a timoma;
-       forma puramente oculare;
-       forma sieronegativa generalizzata.

Appartenere ad una di queste classi predice approssimativamente la risposta alla terapia sia chirurgica che medica. Illustreremo ora alcuni esempi:
-       Miastenia della giovane donna ad esordio precoce associata a iperplasia timica
È quella che meglio risponde al trattamento chirurgico e quella che con più probabilità può andare incontro a remissione farmacologica (paziente in completo benessere grazie ad i farmaci) o a guarigione (paziente sta bene in assenza di terapia, cosa che si verifica nell’1/3 dei casi).
-       Forma legata al timoma
Interessa circa il 30% dei pazienti con timoma, risponde meglio delle altre forme alla timectomia. Evidentemente, in questa forma, il timoma ha un ruolo patogenetico diretto nell’indurre la risposta autoimmune.
-       Forma legata agli anticorpi anti MuSK
Colpisce prevalentemente il sesso femminile e ha un esordio compreso tra i 20 e i 40 anni.
È la forma di MG più aggressiva, richiede una terapia immunosoppressiva più pesante e risponde poco agli anticolinesterasici (terapia sintomatica che ha come obiettivo l’aumento del tempo di permanenza dell’ACh nello spazio sinaptico con la scopo di aumentarne la probabilità d’interazione con i recettori sopravissuti alla distruzione autoimmunitaria della membrana), addirittura con effetto paradosso. La timectomia è inefficace (anche se in letteratura ci sono risultati contrastanti).
È spesso bulbare; si associa frequentemente a debolezza dei flessori del capo (nella forma classica, con anti AChR, sono più spesso gli estensori del capo ad essere colpiti) e atrofia linguale precoce.
Il rischio di crisi miasteniche (aggravamento improvviso della sintomatologia miastenica che può richiedere l’intubazione) è maggiore nei pazienti con anti MuSK rispetto ai pazienti con anti AChR.

Diagnosi
Per fare una diagnosi di Miastenia Gravis si procede con:
·       Valutazione clinico-anamnestica -> si evidenzia debolezza muscolare fluttuante e/o esauribilità della muscolatura episodica e progressiva, con peggioramento durante l’esercizio fisico e recupero con il riposo.

  • Farmacologici -> risposta positiva alla somministrazione di anticolinesterasici che aumentano il tempo di dimezzamento dell'Ach nello spazio sinaptico e la possibilità di incontro con il recettore.
    • Tensilon e.v. (Edrofonio, a brevissima emivita, circa 2 minuti, utile per il test ma senza significato terapeutico, abbandonato).
    • Prostigmina i.m. (Neostigmina, usato attualmente, emivita più lunga e quindi l’osservazione clinica dell’effetto benefico dell’anticolinesterasico deve essere protratta dalla mezzora all’ora).
La valutazione della risposta richiede il cambiamento oggettivo di uno o più segni clinici, come il grado della ptosi, la possibilità dei movimenti oculari o la forza di prensione della mano.


  • Ice pack test -> test che può essere eseguito rapidamente in ambulatorio. In un paziente con ptosi palpebrale appoggio un impacco di ghiaccio sulla palpebra ptosica e osservo la risposta della palpebra al freddo. È positivo se la ptosi si risolve (il ghiaccio ha facilitato la trasmissione neuromuscolare danneggiata). Non è un criterio diagnostico del 100% ma se ho un’ambiguità può essere un elemento a favore dell’ipotesi miastenia. 
·       valutazione elettrofisiologica -> si effettua un Test di Desmedt, test a ridotta sensibilità (pari al 50%), che consta in una stimolazione a 3c/sec in condizioni di ischemia. Il test di Desmedt altro non è se non una stimolazione elettrica muscolare a bassa frequenza; ha significato quando vi è un decremento dell’ampiezza del potenziale di azione muscolare composto (CMAP) superiore al 12%.
Se il Desmedt test è positivo, è di supporto alla diagnosi di MG; se negativo, non esclude un quadro di MG.
Si può effettuare anche un SFEMG (elettromiogramma di singola fibra), molto più sensibile rispetto al Test di Desmedt, con sensibilità pari al 90% .

·       valutazione bioumorale -> si ritrova una positività per gli AChRAb nell’80% dei pazienti miastenici. Il 40% dei sieronegativi ha anticorpi anti MuSK ed il 10% anti LRP4.
Rimane una porzione di pazienti miastenici doppi sieronegativi, negativi anche per anti MuSK ed anti LRP4.

  • diagnostica per immagini -> TC e RMN mediastino anteriore.
La seconda metodica può essere preferita in quanto fenomeni allergici ai mezzi di contrasto iodati sono stati rilevati con una discreta frequenza nei pazienti miastenici.
Nel paziente miastenico ben compensato, avvisando il radiologo, si può fare la TC con mezzo di contrasto iodato; nel paziente miastenico scompensato va evitato.

Terapia
La terapia della MG può essere di tre tipi:
1)    terapia chirurgica con timectomia, ovvero asportazione del timo, con approccio chirurgico radicale (rivedere sbobina 03 di Chirurgia generale MED4 –Pelizzo-)
2)    terapia immunosoppressoria con somministrazione di steroidi, AZA, CSA, TAC etc…
3)    terapia sintomatica a base di anticolinesterasici
Terapia immunosoppressoria e terapia sintomatica costituiscono la terapia medica della Miastenia Gravis.

Terapia medica
La terapia medica della MG può articolarsi in:
·       terapia sintomatica, in cui si controllano i sintomi miastenici senza incidere sulle cause di malattia utilizzando inibitori della colinesterasi
·       terapia immunosoppressoria, agendo sui meccanismi eziopatogenetici della malattia. Si utilizzano steroidi, azatioprina, ciclosporina, micofenolato, metotrexato, tacrolimus e ciclofosfamide
·       terapia immunomodulatoria a breve termine per ottenere un rapido miglioramento della trasmissione neuromuscolare. Rientrano nella categoria sia plasmaferesi (sottrazione di auto anticorpi patogeni), sia uso di immunoglobuline.

Terapia chirurgica ed indicazioni
Il timo è un organo transitorio linfoepiteliale, impari e mediano.
È ubicato nella parte superiore del mediastino anteriore all’interno del torace in sede retrosternale.
Si colloca per la maggior parte sopra il blocco cardiovascolare ed in misura minore nel collo (fino al margine inferiore della tiroide).
Va normalmente incontro ad atrofia nell’età adulta.
Il timo è costituito da due lobi a forma di clava con i poli superiori che sporgono al di sopra del giugolo, avvolti da una sottile capsula e poggianti sulla vena anonima sinistra.
Quest’organo è vascolarizzato da 4 arterie, di cui 2 superiori, rami dell’arteria tiroidea inferiore, e 2 laterali, rami delle arterie mammarie interne.

La terapia chirurgica della MG consiste di fatto nella timectomia, asportazione chirurgica e radicale del timo, tecnica praticata da circa un secolo.
Già nel 1912 Sauerbruch effettuò una timectomia in assenza di evidente patologia timica; nel 1939 Blalock effettuò una timectomia in un paziente con timoma.
Oggi la timectomia viene praticata nelle unità di chirurgia generale o di chirurgia toracica con due diversi approcci: robotico, con il Da Vinci, per le iperplasie timiche o per timomi di piccole dimensioni o mediante timectomia per via trans-sternale per timomi di grandi dimensioni ed infiltranti.
L’intervento di timectomia, che dev’essere sempre radicale, è indicato in tutti quei pazienti con età inferiore ai 50 anni, con MG generalizzata con anticorpi anti AChR ed in tutti quei pazienti in cui si sospetta un timoma.
Non vi è un unanime consenso sull’indicazione nelle forme puramente oculari, MuSK positive e nel bambino piccolo affetto da MG, poichè il timo rappresenta comunque un organo centrale per il sistema immunitario.

Terapia sintomatica ed effetti collaterali
La storia della terapia sintomatica celebra il ruolo dello specializzando.
Nel 1934 Mary Walker, una specializzanda per l’appunto, somministra la fisiostigmina, un antidoto del curaro, a pazienti affetti da MG, osservando la somiglianza tra l’intossicazione da curarici, trattata con anticolinesterasici, e la MG.
Gli inibitori dell’acetilcolinesterasi (AChEls) prevengono l’idrolisi dell’ACh e ne incrementano la disponibilità a livello della giunzione neuromuscolare, facilitandone il legame con il recettore specifico e quindi favorendo la contrazione muscolare.
Dal 1934 la terapia con anticolinesterasici rappresenta parte integrante del corredo terapeutico del paziente miastenico.

La terapia sintomatica si avvale dell’uso di inibitori AChE non selettivi.
Ricordiamo che l’acetilcolina è una molecola flessibile che si trova in due stati conformazionali differenti a seconda del recettore cui è legata.
I recettori dell’acetilcolina si suddividono in recettori nicotinici e recettori muscarinici.
I primi mediano la trasmissione sinaptica veloce a livello della giunzione neuromuscolare, dei gangli autonomi e dei vari siti nel SNC.
I recettori muscarinici mediano invece gli effetti dell’acetilcolina a livello delle sinapsi parasimpatiche postgangliari (cuore, muscolatura liscia, ghiandole) e contribuiscono all’eccitazione gangliare.
Queste informazioni saranno particolarmente utili per individuare e riconoscere i diversi effetti collaterali causati dagli inibitori AChE non selettivi, che di seguito elencheremo, a livello dei due recettori.
·       bromuro di piridostigmina (Mestinon), cpr 60 mg.
Si somministrano 30-120 mg ogni 4-6 ore (somministrazioni multiple).
Se si tratta della preparazione a rilascio prolungato (Mestinon RP), cpr 180 mg, si somministra mezza o una compressa alle ore 23 (per astenia prevalente al risveglio).
Il bromuro di piridostigmina ha diversi effetti collaterali a seconda dei recettori interessati.
Se l’interessamento riguarda i recettori nicotinici, tra gli effetti collaterali avremo fascicolazioni, crampi, debolezza muscolare e fatica.
Se l’interessamento riguarda i recettori muscarinici, avremo invece diarrea, disturbi gastrici, crampi addominali, aumento delle secrezioni bronchiali e della salivazione, miosi ed infine bradicardia.
Gli effetti collaterali appena descritti vanno ricordati perché ci possono consentire di andare a distinguere una crisi miastenica da una crisi colinergica, ovvero quell’aumento della debolezza muscolare talora con disfagia ed insufficienza respiratoria, con corteo sintomatologico da sovradosaggio di AChEls.
La sintomatologia insorge subito dopo l’assunzione dell’AChEl e si riduce prima dell’assunzione della dose successiva. Vi è la presenza di ED, extra discharges, dopo CMAP all’EMG per eccesso di ACh.
·       neostigmina (Prostigmina), fl 0.5 mg. Ha una latenza di effetto di minuti e durata compresa tra le due ore e mezza e le quattro ore.
La sua somministrazione endovenosa è importantissima in pz. disfagici.
·       edrofonio (Tensilon), fl 10 mg. Ha una latenza d’effetto di secondi ed una durata di circa 5 minuti.
·       cloruro di ambenonio (Mytelase), cpr 5 mg. Ha una durata di 1-2 ore.

Terapia immunosoppressoria
I farmaci che descriveremo per la terapia immunosoppressoria della MG hanno la caratteristica, come tutti gli immunosoppressori, di interferire con il ciclo cellulare, bloccando la proliferazione delle cellule B e T.
·       AZA, azatioprina, è un analogo purinico e funziona come antagonista purinico quando metabolizzato a 6-mercaptopurina.
L’azatioprina viene somministrata in dosi da 2-3 mg/kg in 2-3 somministrazioni die.
Il miglioramento clinico si ha dai 4 ai 12 mesi dopo l’inizio della terapia.
Viene utilizzato come “risparmiatore di steroide”.
Tra gli effetti collaterali vi sono una reazione simil-influenzale, leucopenia, trombocitopenia, insufficienza epatica. Una modesta macrocitosi è indice dell’effetto farmacologico dell’AZA.
È inoltre necessario prestare attenzione ai polimorfismi di TPMT, tiopurina metil-transferasi.
·       CY, ciclofosfamide, è un alchilante del DNA ed un inibitore specifico del ciclo cellulare.
Si somministrano 3-5 mg/kg in 2-3 somministrazione die.
Si ha un miglioramento clinico circa 4-12 settimane dopo l’inizio della terapia, massimo a 7 mesi.
Tra gli effetti collaterali abbiamo aplasia midollare, infezioni opportunistiche, tossicità vescicale, infertilità, aumentato rischio di neoplasie, vomito, diarrea e dolore addominale.
·       MTX, metotraxato, è un antagonista dei folati che inibisce la sintesi de novo di purine e pirimidine.
·       MMF, micofenolato mofetile, convertito a livello epatico in acido micofenolico, inibisce l’enzima di sintesi purinica, inosina monofosfato deidrogenasi, nei linfociti.
Viene somministrato in 1000-1500 mg in 2 somministrazione die.
Si assiste ad un miglioramento clinico dai 5 mesi dopo l’inizio della terapia.
Tra gli effetti collaterali vi sono mal di testa e disturbi gastrointestinali, quali nausea e diarrea.
·       CsA, ciclosporina A, nel citoplasma si lega alla ciclofillina. Il complesso CsA-ciclofillina si lega alla calcineurina con conseguente inibizione dell’attivazione delle cellule T.
La ciclosporina viene somministrata due volte al giorno in 3-5 mg/kg.
Si assiste ad un miglioramento clinico circa 4-12 settimane dopo l’inizio della terapia, massimo a 7 mesi.
Tra gli effetti collaterali ricordiamo l’insufficienza renale, l’ipertensione arteriosa, il tremore e l’ipertrofia gengivale. Sono state osservate neoplasie (adenocarcinoma delle tube, melanoma, tumori cutanei e linfoma) in circa l’11% dei pazienti trattati.
·       Tac, tacrolimus, nel citoplasma si lega a FKB. Il complesso TAC-FKB si lega alla calcineurina con conseguente inibizione dell’attivazione delle cellule T.
Due volte al giorno si somministrano 0.1 mg/kg.
Tra gli effetti collaterali possiamo avere ipertensione, aumento della creatinina, mal di testa, dolore oculare, aumento dei granulociti, riduzione dei linfociti ed aumentato rischio di neoplasie.
·       Steroidi, che nel nucleo inibiscono la proteina AP-1 e quindi l’attivazione delle cellule T. Agiscono anche bloccando la processazione dell’antigene ed il numero di cellule T circolanti.
Il farmaco elettivo per il trattamento della MG resta, in prima istanza, il cortisone (Prednisone), in cpr da 5 e 25 mg.
Il prednisone viene somministrato in 0.75-1 mg/kg die fino al raggiungimento del massimo miglioramento clinico ottenibile.
Durante il mantenimento si deve procedere con un passaggio graduale alla somministrazione a giorni alterni e quindi riduzione graduale del 10% del dosaggio ogni 6 settimane sino alla dose minima efficace.
È importantissimo ricordare di essere cauti nell’avvio del trattamento steroideo, per la possibile comparsa di un temporaneo peggioramento dei sintomi miastenici, per interferenza con la trasmissione di placca, di solito entro le due settimane.
Il trattamento con prednisone può avere come effetti collaterali un aumento ponderale, una ritenzione idrica, ipertensione arteriosa, insorgenza di diabete mellito, glaucoma, cataratta, ansietà, insonnia ed infine ridotta mineralizzazione ossea.
È molto utile una precoce associazione con farmaci immunosoppressivi, “risparmiatori di steroide”.

Quali possono essere le premesse ad una scelta terapeutica, tra le terapie citate, in un pz. con MG?
La scelta terapeutica in un pz. con MG non è mai una scelta facile, quanto piuttosto articolata e complessa, personalizzata, perché:
1)    si deve considerare il titolo anticorpale AChR, che non è proporzionato alla gravità clinica (anti MuSK sì)
2)    si deve considerare e valutare il decremento registrato all’esame elettrofisiologico, che non è proporzionato alla gravità clinica
3)    NON esistono veri e propri algoritmi terapeutici ed ogni caso clinico è un unicum, in cui devono essere considerate e valutate le fluttuazione nell’andamento clinico di malattia, l’imprevedibilità di risposta al trattamento, eventuali riacutizzazioni e/o miglioramenti e/o recidive e/o remissioni e comorbilità nei pazienti.

Un farmaco immunosoppressivo straordinario nel trattamento della MG, soprattutto anti MuSK è il Rituximab, un anticorpo monoclonale diretto contro il marker di superficie CD-20 delle cellule B.
Questo farmaco è molto noto per il suo ampio utilizzo in ambito oncologico, ma di recente viene utilizzato anche in pazienti miastenici.


Terapia immunomodulatoria
La terapia immunomodulatoria ha come fine il migliorare il blocco neuromuscolare, grazie a provvedimenti a breve termine in emergenza.
Plasmaferesi e somministrazione di immunoglobuline non vanno MAI considerate come terapie di mantenimento.
·       Plasmaferesi: consta nella rimozione di 1-2 volumi plasmatici a giorni alterni per 5-6 volte (protocolli molto variabili). Si può assistere ad un miglioramento entro alcuni giorni di durata limitata (1-2 mesi).
Il meccanismo d’azione consiste nella rapida rimozione mediante centrifugazione o immunoadsorbimento degli anticorpi circolanti.
I rischi connessi riguardano difficoltà nel reperire accessi venosi o complicanze infettive.
·       Immunoglobuline: la dose iniziale raccomandata è di 0.4 - 0.8 g/kg, seguiti da almeno 0.2 g/kg ogni 3 settimane.

CRISI MIASTENICA

La crisi miastenica è caratterizzata da un’insufficienza respiratoria ad esordio acuto, spesso con difficoltà di deglutizione e di articolazione della parola e da un aggravamento dell’ipostenia agli arti superiori e inferiori.
Il 74% delle crisi miasteniche si hanno nei primi due anni di esordio della MG in circa il 15-20% dei pazienti.
Si ha una prevalenza del 20-30% nel primo anno nei pazienti giovani, tardivamente nel decorso nei pazienti anziani.
La mortalità nei pz. anziani è pari al 40% negli anni sessanta e al 5% negli anni settanta.
La frequenza di crisi respiratorie in corso di crisi miastenica è diversa nelle diverse forme cliniche di MG e nello specifico nella MG oculare è praticamente pari allo 0%, nella SNMG, ovvero nella miastenia sieronegativa (anti AChR e anti MuSK negativa) è pari a circa il 6%, nella early-onset MG si aggira intorno al 10%, nella late-onset MG è pari al 14% circa, nel timoma è tra 17-18% ed infine nella MuSK-MG è vicina al 35%.
(N.B: il dato percentuale si riferisce al n. di pazienti con crisi/pazienti totali.)

Fattori precipitanti
I fattori precipitanti possono essere:
·       infezioni: nel 30-40% dei casi. Più frequentemente si tratta di infezioni, anche banali, delle prime vie aeree; in un 10% dei casi, in pz. con debolezza orofaringea, si ha polmonite ab ingestis.
·       farmaci: corticosteroidi, antibiotici (come ad es. aminoglicosidici, ciprofloxacina, clindamicina), antiaritmici (come ad es. procainamide, propanololo e timololo) ed infine neurologici (come ad es. fenitoina, trimetadione e litio).
·       stress derivante da interventi chirurgici e traumi.
·       somministrazione di tossina botulinica.
·       timoma.
·       cause non identificabili nel 30-40% dei pazienti.

Distress respiratorio
L’insufficienza respiratoria ad esordio acuto caratteristica della crisi miastenica ha una genesi multipla, derivante da:
·       debolezza dei muscoli inspiratori con conseguente ipoventilazione e riduzione del riflesso della tosse, con ristagno delle secrezioni
·       debolezza dei muscoli laringei con conseguente protezione inadeguata delle prime vie aeree
·       debolezza dei muscoli della lingua e della faringe con conseguente ostruzione delle prime vie aeree.
·       atelectasia polonare con conseguente riduzione della compliance polmonare -> aumento dello shunt polmonare -> ipossiemia (no ipercapnica) -> aumento del carico -> insufficienza respiratoria.

Diagnosi differenziale
Valutazione di ptosi, oftalmoparesi, pupille, deficit mimici, deficit e fascicolazioni ai muscoli degli arti, riflessi e disautonomia rappresentano i segni utili per aiutarci a fare diagnosi differenziale tra crisi miastenica, colinergica, botulismo, Sindrome di Guillain-Barrè e polimiosite.
Si riporta, per completezza, la seguente tabella riassuntiva.


Crisi miastenica
Crisi colinergica
Botulismo
Guillain-Barrè
Polimiosite
PTOSI
++
+
+
+/- (Sindr. Miller- Fisher)
-
OFTALMOPARESI
+++
+
++
+ (Sindr. Miller-Fisher)
-
PUPILLE
normali
miosi
midriasi
normali
normali
DEFICIT MIMICI
+++
++
++
+++
+
MM. degli ARTI





- deficit
++/+++
++
++
+++
+++
- fascicolazioni
rare
frequenti
assenti
rare
assenti
RIFLESSI O-T
++
++
-
-
+/-
DISAUTONOMIA
-
+++
+++
+
-

Gestione della crisi miastenica
La corretta gestione clinica prevede una gestione in emergenza, articolata come segue:
1)    pronta diagnosi dell’insufficienza respiratoria in rapida evoluzione,
2)    trasferimento immediato in T.I con supporto respiratorio per l’immobilità totale improvvisa della cassa toracica,
3)    trattamento di una possibile infezione,
4)    trattamento specifico.

Valutazione della funzione respiratoria
Vi sono poi una serie di segni clinici di insufficienza respiratoria in rapida evoluzione da valutare, ovvero:
·       dispnea con tachi- ed ortopnea,
·       uso dei mm. accessori,
·       respiro paradosso,
·       tosse ipovalida con ostruzione bronco-tracheale da secrezioni,
·       disfagia con aspirazione di cibo e saliva,
·       stato di agitazione ed insonnia,
·       tachicardia ed ipertensione, dovute ad un aumento della CO2,
·       disturbi autonomici come ad es. sudorazione e salivazione.
Quando la pervietà delle vie respiratorie è compromessa, il paziente dovrebbe essere trasferito in T.I. anche in assenza di vera insufficienza respiratoria.
La classica regola empirica 20/30/40 (CV, ovvero capacità vitale, <20 mL/kg, MIP, cioè pressione massima inspiratoria, <-30 cmH2O, MEP, ovvero pressione massima espiratoria, <40 cmH2O) è utile per valutare il rischio di crisi respiratoria e scegliere il momento più idoneo per l’intubazione.

Il solo monitoraggio della saturazione di O2 è inadeguato perché può dare una falsa impressione di relativa stabilità fino allo scompenso respiratorio acuto. Ripetuti controlli dell’EGA sono più sicuri.

Management respiratorio
Nel management respiratorio abbiamo due possibilità: la ventilazione non invasiva (con maschere nasali, maschere oro-nasali, casco), scelta sempre in prima istanza, e l’intubazione endotracheale, procedura ovviamente più invasiva.
Entrambe devono essere effettuate in T.I. e la scelta tra le due dipende dalla gravità dei deficit muscolari, dalla pervietà delle vie aeree, dalla presenza di affezioni polmonari e/o toraciche e dalla valutazione dei risultati dell’emogas analisi.
Qualora vi sia un’intolleranza della procedura per la NIV, ventilazione non invasiva, mancato miglioramento dell’emogas e della dispnea ed instabilità emodinamica o stato di shock, è bene interrompere la ventilazione non invasiva e procedere con l’intubazione.
Quando si è in dubbio è meglio procedere SEMPRE con l’intubazione, evitando pericolosi ritardi che potrebbero anche compromettere la vita del paziente.
A pz. intubato si sospende l’anticolinesterasico e si mantiene il cortisone, quest’ultimo mantenuto anche quando c’è un’infezione in atto.
La procedura di intubazione endotracheale è una procedura in emergenza miastenica, in cui è bene adottare provvedimenti a breve termine come plasmaferesi ed immunoglobuline, caratterizzati da rapidità di effetto clinico.
Il protocollo standard nel trattamento della crisi con plasmaferesi prevede 5 o 6 feresi a giorni alterni (2-4 L/scambio). Il trattamento ha però un’efficacia di breve durata (2-3 settimane) che rende necessaria la contemporanea somministrazione di farmaci immunosoppressori ed il posizionamento di accessi venosi (-> aumenta il rischio infettivo).

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