La Miastenia Gravis è una
malattia autoimmune in cui sono coinvolti linfociti B e T, caratterizzata da
deficit di forza e affaticabilità. L’astenia tende ad aumentare con l’esercizio
e a migliorare con il riposo.
Dal punto di vista clinico
l’elemento distintivo è rappresentato dalla debolezza muscolare fluttuante
nell’arco della stessa giornata o della stessa ora; usualmente il deficit di
forza si accentua nelle ore serotine.
Epidemiologia
Modificazione della curva
mortalità/prevalenza della Miastenia Gravis:
-
agli
inizi del ‘900 la mortalità era di circa il 100% con una prevalenza
estremamente bassa (malattie ad elevata mortalità sono quelle numericamente
meno prevalenti nella popolazione).
-
oggi
la mortalità è inferiore al 5%. Questo miglioramento è dovuto a tutti quei
benefici clinici e a tutte quelle terapie che sono state negli anni introdotte.
Incidenza: 2-5 casi/milione/anno.
Prevalenza: 43-65 casi/milione di abitanti.
Come tutte le malattie
autoimmuni è più frequente nel sesso femminile (3:2).
La distribuzione per età è
bimodale:
-
picco
precoce attorno ai 20-30 anni, più frequente nelle femmine, corrispondente alla
classica forma autoimmunitaria.
-
picco
più tardivo tra 60-70 anni, prevalente nel sesso maschile, prevalentemente
associata al timoma (neoplasia timica benigna che nel 20-30% dei casi si può
associare a MG).
Criteri diagnostici
- · debolezza acquisita dei muscoli volontari con fluttuazioni della sintomatologia nell’arco della giornata
- · esauribilità muscolare aggravata dallo sforzo fisico
- · miglioramento dei sintomi col riposo
La fluttuazione dei
sintomi è molto evidente e non ha eguali nella panoramica delle malattie
muscolari e neurologiche.
Sintomatologia clinica
MUSCOLI
COLPITI
- muscoli oculari (nella maggioranza dei casi) -> ptosi
fluttuante, diplopia, paralisi di sguardo (nei casi più gravi), fotofobia
- muscoli facciali -> debolezza dell’orbicolare degli
occhi, fenomeno di Bell, debolezza dell’orbicolare della bocca (sorriso miastenico)
- muscoli orofaringei (clinicamente più fragili e
rilevanti; quando colpiti richiedono un’estrema cautela nel monitoraggio
del paziente) -> debolezza dei muscoli linguali (talora atrofia della
lingua), debolezza dei muscoli masticatori, disfagia (debolezza della
lingua e dei muscoli faringei posteriori), rinolalia (debolezza muscoli
del palato), paralisi delle corde vocali
- muscoli assiali e degli arti -> debolezza dei muscoli del
collo, debolezza dei muscoli degli arti: superiori (difficoltà a pettinarsi,
vestirsi, etc) ed inferiori (astenia a fare le scale, camminare, etc)
- muscoli respiratori -> insufficienza respiratoria da
paralisi delle corde vocali, inefficienza della tosse (ristagno
secrezioni), debolezza muscoli intercostali e diaframma
VALUTAZIONE
CLINICA
- muscoli oculari:
- movimenti di versione degli occhi nelle
diverse direzioni dello sguardo
- esauribilità: non dobbiamo valutare la forza
estrinsecata estemporaneamente, poiché questa può essere ancora normale,
ma dobbiamo valutare l’esauribilità facendo compire un movimento ripetuto
al paziente, valutandone la forza prima (al tempo 0) e dopo (tempo 1).
Se il paziente ha un’esauribilità, la
forza al tempo 0 sarà maggiore di quella al tempo 1.
Altre manovre di valutazione possono
essere il mantenimento protratto della posizione di Mingazzini I o II.
- distretto bulbare:
-
spingere
con la lingua contro resistenza
-
fonazione
e deglutizione
-
riflesso
faringeo e laringeo
- valutazione della
funzionalità respiratoria. Nel
paziente con impegno respiratorio non è sufficiente la saturimetria, ma
bisogna monitorare la pCO2 effettuando un’emogas analisi.
Classificazione MGFA (Myasthenia Gravis Foundation of America) score
È una scala di
classificazione, articolata in 5 classi, della MG che serve a valutare con un grado
la debolezza muscolare del paziente.
1)
Classe I (Miastenia oculare): presenza esclusiva
di un deficit di forza di muscoli oculari e/o del muscolo elevatore della
palpebra. Normale la forza nel resto della muscolatura.
2), 3), 4) Classe II, III, IV: i distretti muscolari interessati sono gli
stessi, ma cambia il grado di deficit di forza (leggero nella II, moderato
nella III, severo nella IV).
Possibile debolezza dei muscoli oculari
di qualsiasi severità.
La sottoclassificazione si articola in IIa
e IIb, IIIa e IIIb ed infine Iva e IVb, dove:
a)
indica
la debolezza dei muscoli scheletrici assiali e degli arti
b)
indica
l’interessamento bulbare e dei muscoli respiratori
5) Classe
V: definita da intubazione con o senza ventilazione meccanica, eccetto i casi
in cui sia utilizzata durante il mantenimento postoperatorio di routine. L’uso
del sondino di nutrizione, senza intubazione, sposta il paziente nella classe
IVb.
I pz. sono così
distribuiti nelle varie classi: pazienti con miastenia oculare (grado I o
classe I) 15%, pazienti di grado II (classe IIa e IIb) 24%, pazienti di grado
III (classe IIIa e IIIb) 32%, pazienti di grado IV (classe IVa e IVb con
necessità di sondino naso-gastrico) 16% ed infine pazienti di grado V (con
crisi respiratorie) 15%.
Trasmissione neuromuscolare a
livello della placca
L’ACh è immagazzinata in
vescicole nel terminale del nervo motore (ciascuna vescicola contiene un
“quantum” (~ 10.000 molecole) di ACh); ci sono 50-60 vescicole presinaptiche
per mm2.
La fusione delle vescicole
con la membrana pre-sinaptica avviene per esocitosi Ca-dipendente.
Il mediatore rilasciato si
lega al recettore post-sinaptico per l’ACh posto sulla membrana muscolare,
organizzata in pliche multiple che hanno lo scopo di alloggiare la maggior
quantità possibile di recettore.
Il recettore per l’ACh si
colloca all’apice delle pieghe, aspetto molto rilevante perché giustificherà la
patogenesi di forme distinte di Miastenia Gravis.
L’ACh viene rilasciata
spontaneamente in maniera quantale con la generazione di MEPP (potenziali di
placca in miniatura) che non sono generati da potenziali d’azione e non
generano potenziali post-sinaptici.
Se invece arriva un potenziale
d’azione al terminate pre-sinaptico, stimola il rilascio di circa 150-200
quanta di ACh con conseguente depolarizzazione della membrana post-sinaptica e
generazione di un EPP (potenziale di placca).
*
Fattore di sicurezza: rapporto
fra il numero di quanta di ACh rilasciati ed il numero di quanta necessario a
generare potenziale d’azione. Più è ampio il fattore di sicurezza, più è
fragile la sinapsi.
Patogenesi
La MG è una malattia
autoimmune della giunzione
neuromuscolare.
L’attacco autoimmunitario
è diretto contro determinanti extracellulari di molecole di membrana (canali
ionici o proteine trans membrana) che sono esposti agli anticorpi circolanti.
Gli anticorpi più frequenti (che definiscono la miastenia sieropositiva) sono
gli anti AChR (di tipo IgG1 e IgG3
quindi in grado di fissare il complemento).
I principali meccanismi di
danno mediati dagli anticorpi anti AChR sono:
- danno complemento
mediato della
placca neuromuscolare (meccanismo principale). La struttura organizzata in
pieghe multiple viene distrutta e semplificata e la membrana linearizzata.
Il numero di recettori per l’ACh diminuisce drasticamente
- blocco allosterico del sito di legame dell’ACh
- aumento del turnover
degli AChR indotto
dal legame degli anticorpi a ponte tra un recettore e l’altro.
-> Gli anticorpi anti
AChR vengono definiti patogeni e specifici.
IL
RECETTORE PER L’ACh
Il recettore per l’ACh è
una glicoproteina integrale di membrana pentamerica costituita da 5 subunità: 2a, b, d, una
subunità g nella forma fetale e e nella forma adulta. Le 5 subunità sono
disposte attorno ad un canale che attraversa la membrana post-sinaptica.
Ciascuna subunità a ha un sito
di legame per l’ACh; quando entrambe le subunità a sono occupate, il canale si apre consentendo l’entrata dei
cationi, generando il potenziale di placca.
L’80% dei pazienti con MG
ha anticorpi diretti contro il recettore per l’ACh (sono definiti
sieropositivi).
Il 20% dei pazienti sono
considerati sieronegativi perché:
- gli
anticorpi non sono individuati dal comune test diagnostico usato
- sono presenti autoanticorpi diretti
verso altre proteine della placca neuromuscolare. Negli anni alcuni di
questi anticorpi sono stati trovati ma c’è ancora una piccola percentuale
di pazienti definiti sieronegativi
- presenza esclusiva di IgM anti AChR
- bassa affinità per l’antigene usato
nel test.
RUOLO
DEL TIMO
Il timo ha un ruolo importante
nell’induzione e nel mantenimento della risposta autoimmune montata contro il
recettore per l’ACh.
È un organo
linfoepiteliale, attivo nello sviluppo dell’immunità nel bambino e che va
incontro fisiologicamente a involuzione fibroadiposa. È coinvolto nella
maturazione dei linfociti T e B.
Al suo interno sono
presenti centri germinativi per l’espansione e la maturazione dei linfociti B,
cellule T immunocompetenti e cellule mioidi che esprimono il recettore per
l’ACh. È presente, quindi, un microambiente in cui vi sono tutti gli elementi
che hanno un ruolo nella patogenesi di malattia.
Il 75% dei pazienti
miastenici presenta alterazioni timiche:
- iperplasia timica
- involuzione fibroadiposa (si dibatte
se sia tessuto inerte o se possa sostenere la risposta autoimmunitaria)
- timoma (neoplasia benigna il più
delle volte, più raramente carcinoma timico).
PAZIENTI
SIERONEGATIVI
Come abbiamo già accennato
circa il 20% dei pazienti con MG è sieronegativo per gli autoanticorpi classici
(anti AChR).
- 40% dei sieronegativi è positivo per
gli anticorpi anti MuSK (IgG4)
- 10% dei sieronegativi è positivo per gli anticorpi anti LRP4 (IgG1 e
IgG2)
MuSK è una chinasi muscolo
scheletrica specifica transmembrana che intrattiene rapporti di vicinanza con
l’AChR, l’agrina e l’LRP4 e possiede la funzione di consentire il clustering
dell’AChR sull’apice delle pieghe.
Durante lo sviluppo MuSK e LRP4
hanno il ruolo di favorire il clustering agrina-dipendente dell’AChR e, nel
muscolo scheletrico maturo, di mantenere questo clustering.
Gli anti MuSK sono IgG4, quindi, a
differenza degli anti AChR, non fissano il complemento e mediano un tipo di
danno diverso.
Gli anti LRP4 invece sono IgG1 e
IgG2 fissanti il complemento.
Classificazione clinica
Le due categorie più rilevanti sono:
1) forma oculare. Si generalizza in circa il 50% dei casi entro i 2 anni di malattia, il che
significa che una volta fatta la diagnosi di miastenia oculare devo continuare
il monitoraggio clinico del paziente perché può trasformarsi in forma
generalizzata
2) forma generalizzata, che colpisce tutti i muscoli.
Secondo altri criteri
classificativi, si può parlare di MG:
- ad esordio precoce: prima dei 40 anni;
- ad esordio tardivo: dopo i 40 anni;
- ad esordio associato a timoma;
- forma puramente oculare;
- forma sieronegativa generalizzata.
Appartenere ad una di queste classi
predice approssimativamente la risposta alla terapia sia chirurgica che medica.
Illustreremo ora alcuni esempi:
- Miastenia della giovane
donna ad esordio precoce associata a iperplasia timica
È quella che meglio risponde al trattamento chirurgico
e quella che con più probabilità può andare incontro a remissione farmacologica
(paziente in completo benessere grazie ad i farmaci) o a guarigione (paziente
sta bene in assenza di terapia, cosa che si verifica nell’1/3 dei casi).
- Forma legata al timoma
Interessa circa il 30% dei pazienti con timoma,
risponde meglio delle altre forme alla timectomia. Evidentemente, in questa
forma, il timoma ha un ruolo patogenetico diretto nell’indurre la risposta
autoimmune.
- Forma legata agli
anticorpi anti MuSK
Colpisce prevalentemente il sesso femminile e ha un
esordio compreso tra i 20 e i 40 anni.
È la forma di MG più aggressiva, richiede una terapia
immunosoppressiva più pesante e risponde poco agli anticolinesterasici (terapia
sintomatica che ha come obiettivo l’aumento del tempo di permanenza dell’ACh
nello spazio sinaptico con la scopo di aumentarne la probabilità d’interazione
con i recettori sopravissuti alla distruzione autoimmunitaria della membrana),
addirittura con effetto paradosso. La timectomia è inefficace (anche se in
letteratura ci sono risultati contrastanti).
È spesso bulbare; si associa frequentemente a
debolezza dei flessori del capo (nella forma classica, con anti AChR, sono più
spesso gli estensori del capo ad essere colpiti) e atrofia linguale precoce.
Il rischio di crisi miasteniche (aggravamento
improvviso della sintomatologia miastenica che può richiedere l’intubazione) è
maggiore nei pazienti con anti MuSK rispetto ai pazienti con anti AChR.
Diagnosi
Per
fare una diagnosi di Miastenia Gravis si procede con:
·
Valutazione clinico-anamnestica -> si evidenzia debolezza muscolare
fluttuante e/o esauribilità della muscolatura episodica e progressiva, con
peggioramento durante l’esercizio fisico e recupero con il riposo.
- Farmacologici -> risposta positiva alla somministrazione di anticolinesterasici che
aumentano il tempo di dimezzamento dell'Ach nello spazio sinaptico e la
possibilità di incontro con il recettore.
- Tensilon e.v. (Edrofonio, a brevissima emivita,
circa 2 minuti, utile per il test ma senza significato terapeutico,
abbandonato).
- Prostigmina i.m. (Neostigmina, usato
attualmente, emivita più lunga e quindi l’osservazione clinica
dell’effetto benefico dell’anticolinesterasico deve essere protratta
dalla mezzora all’ora).
La valutazione della risposta richiede il cambiamento
oggettivo di uno o più segni clinici, come il grado della ptosi, la possibilità
dei movimenti oculari o la forza di prensione della mano.
- Ice pack test -> test che può essere eseguito rapidamente in ambulatorio. In un paziente con ptosi palpebrale appoggio un impacco di ghiaccio sulla palpebra ptosica e osservo la risposta della palpebra al freddo. È positivo se la ptosi si risolve (il ghiaccio ha facilitato la trasmissione neuromuscolare danneggiata). Non è un criterio diagnostico del 100% ma se ho un’ambiguità può essere un elemento a favore dell’ipotesi miastenia.
·
valutazione elettrofisiologica -> si effettua un Test di Desmedt,
test a ridotta sensibilità (pari al 50%), che consta in una stimolazione a
3c/sec in condizioni di ischemia. Il test di Desmedt altro non è se non una
stimolazione elettrica muscolare a bassa frequenza; ha significato quando vi è
un decremento dell’ampiezza del potenziale di azione muscolare composto (CMAP)
superiore al 12%.
Se il Desmedt test è positivo, è di
supporto alla diagnosi di MG; se negativo, non esclude un quadro di MG.
Si può effettuare anche un SFEMG
(elettromiogramma di singola fibra), molto più sensibile rispetto al Test di
Desmedt, con sensibilità pari al 90% .
·
valutazione bioumorale -> si ritrova una positività per gli
AChRAb nell’80% dei pazienti miastenici. Il 40% dei sieronegativi ha anticorpi
anti MuSK ed il 10% anti LRP4.
Rimane una porzione di pazienti
miastenici doppi sieronegativi, negativi anche per anti MuSK ed anti LRP4.
- diagnostica per immagini -> TC e RMN mediastino
anteriore.
La seconda metodica può essere preferita
in quanto fenomeni allergici ai mezzi di contrasto iodati sono stati rilevati
con una discreta frequenza nei pazienti miastenici.
Nel paziente miastenico ben compensato,
avvisando il radiologo, si può fare la TC con mezzo di contrasto iodato; nel
paziente miastenico scompensato va evitato.
Terapia
La
terapia della MG può essere di tre tipi:
1)
terapia
chirurgica con timectomia, ovvero
asportazione del timo, con approccio chirurgico radicale (rivedere sbobina 03 di Chirurgia generale MED4 –Pelizzo-)
2)
terapia
immunosoppressoria con
somministrazione di steroidi, AZA, CSA, TAC etc…
3)
terapia
sintomatica a base di
anticolinesterasici
Terapia
immunosoppressoria e terapia sintomatica costituiscono la terapia medica della
Miastenia Gravis.
Terapia
medica
La
terapia medica della MG può articolarsi in:
·
terapia
sintomatica, in cui si controllano i
sintomi miastenici senza incidere sulle cause di malattia utilizzando inibitori
della colinesterasi
·
terapia
immunosoppressoria, agendo sui
meccanismi eziopatogenetici della malattia. Si utilizzano steroidi,
azatioprina, ciclosporina, micofenolato, metotrexato, tacrolimus e
ciclofosfamide
·
terapia
immunomodulatoria a breve termine
per ottenere un rapido miglioramento della trasmissione neuromuscolare. Rientrano
nella categoria sia plasmaferesi (sottrazione di auto anticorpi patogeni), sia
uso di immunoglobuline.
Terapia
chirurgica ed indicazioni
Il
timo è un organo transitorio linfoepiteliale, impari e mediano.
È
ubicato nella parte superiore del mediastino anteriore all’interno del torace
in sede retrosternale.
Si
colloca per la maggior parte sopra il blocco cardiovascolare ed in misura
minore nel collo (fino al margine inferiore della tiroide).
Va
normalmente incontro ad atrofia nell’età adulta.
Il
timo è costituito da due lobi a forma di clava con i poli superiori che
sporgono al di sopra del giugolo, avvolti da una sottile capsula e poggianti
sulla vena anonima sinistra.
Quest’organo
è vascolarizzato da 4 arterie, di cui 2 superiori, rami dell’arteria tiroidea
inferiore, e 2 laterali, rami delle arterie mammarie interne.
La
terapia chirurgica della MG consiste di fatto nella timectomia, asportazione
chirurgica e radicale del timo, tecnica praticata da circa un secolo.
Già
nel 1912 Sauerbruch effettuò una timectomia in assenza di evidente patologia
timica; nel 1939 Blalock effettuò una timectomia in un paziente con timoma.
Oggi
la timectomia viene praticata nelle unità di chirurgia generale o di chirurgia
toracica con due diversi approcci: robotico, con il Da Vinci, per le iperplasie
timiche o per timomi di piccole dimensioni o mediante timectomia per via
trans-sternale per timomi di grandi dimensioni ed infiltranti.
L’intervento
di timectomia, che dev’essere sempre radicale, è indicato in tutti quei
pazienti con età inferiore ai 50 anni, con MG generalizzata con anticorpi anti
AChR ed in tutti quei pazienti in cui si sospetta un timoma.
Non
vi è un unanime consenso sull’indicazione nelle forme puramente oculari, MuSK
positive e nel bambino piccolo affetto da MG, poichè il timo rappresenta
comunque un organo centrale per il sistema immunitario.
Terapia
sintomatica ed effetti collaterali
La
storia della terapia sintomatica celebra il ruolo dello specializzando.
Nel
1934 Mary Walker, una specializzanda per l’appunto, somministra la
fisiostigmina, un antidoto del curaro, a pazienti affetti da MG, osservando la
somiglianza tra l’intossicazione da curarici, trattata con anticolinesterasici,
e la MG.
Gli
inibitori dell’acetilcolinesterasi (AChEls) prevengono l’idrolisi dell’ACh e ne
incrementano la disponibilità a livello della giunzione neuromuscolare,
facilitandone il legame con il recettore specifico e quindi favorendo la contrazione
muscolare.
Dal
1934 la terapia con anticolinesterasici rappresenta parte integrante del
corredo terapeutico del paziente miastenico.
La
terapia sintomatica si avvale dell’uso di inibitori
AChE non selettivi.
Ricordiamo
che l’acetilcolina è una molecola flessibile che si trova in due stati
conformazionali differenti a seconda del recettore cui è legata.
I
recettori dell’acetilcolina si suddividono in recettori nicotinici e recettori
muscarinici.
I
primi mediano la trasmissione sinaptica veloce a livello della giunzione
neuromuscolare, dei gangli autonomi e dei vari siti nel SNC.
I
recettori muscarinici mediano invece gli effetti dell’acetilcolina a livello
delle sinapsi parasimpatiche postgangliari (cuore, muscolatura liscia,
ghiandole) e contribuiscono all’eccitazione gangliare.
Queste
informazioni saranno particolarmente utili per individuare e riconoscere i
diversi effetti collaterali causati dagli inibitori AChE non selettivi, che di
seguito elencheremo, a livello dei due recettori.
·
bromuro di piridostigmina (Mestinon), cpr 60 mg.
Si somministrano 30-120 mg ogni 4-6 ore
(somministrazioni multiple).
Se si tratta della preparazione a
rilascio prolungato (Mestinon RP), cpr 180 mg, si somministra mezza o una
compressa alle ore 23 (per astenia prevalente al risveglio).
Il bromuro di piridostigmina ha diversi
effetti collaterali a seconda dei recettori interessati.
Se l’interessamento riguarda i recettori
nicotinici, tra gli effetti collaterali avremo fascicolazioni, crampi,
debolezza muscolare e fatica.
Se l’interessamento riguarda i recettori
muscarinici, avremo invece diarrea, disturbi gastrici, crampi addominali,
aumento delle secrezioni bronchiali e della salivazione, miosi ed infine
bradicardia.
Gli effetti collaterali appena descritti
vanno ricordati perché ci possono consentire di andare a distinguere una crisi
miastenica da una crisi colinergica,
ovvero quell’aumento della debolezza muscolare talora con disfagia ed
insufficienza respiratoria, con corteo sintomatologico da sovradosaggio di AChEls.
La sintomatologia insorge subito dopo
l’assunzione dell’AChEl e si riduce prima dell’assunzione della dose
successiva. Vi è la presenza di ED, extra discharges, dopo CMAP all’EMG per
eccesso di ACh.
·
neostigmina (Prostigmina), fl 0.5 mg. Ha una latenza
di effetto di minuti e durata compresa tra le due ore e mezza e le quattro ore.
La sua somministrazione endovenosa è
importantissima in pz. disfagici.
·
edrofonio (Tensilon), fl 10 mg. Ha una latenza
d’effetto di secondi ed una durata di circa 5 minuti.
·
cloruro di ambenonio (Mytelase), cpr 5 mg. Ha una durata di
1-2 ore.
Terapia
immunosoppressoria
I
farmaci che descriveremo per la terapia immunosoppressoria della MG hanno la
caratteristica, come tutti gli immunosoppressori, di interferire con il ciclo
cellulare, bloccando la proliferazione delle cellule B e T.
·
AZA, azatioprina, è un analogo purinico e funziona come
antagonista purinico quando metabolizzato a 6-mercaptopurina.
L’azatioprina viene somministrata in dosi
da 2-3 mg/kg in 2-3 somministrazioni die.
Il miglioramento clinico si ha dai 4 ai
12 mesi dopo l’inizio della terapia.
Viene utilizzato come “risparmiatore di
steroide”.
Tra gli effetti collaterali vi sono una
reazione simil-influenzale, leucopenia, trombocitopenia, insufficienza epatica.
Una modesta macrocitosi è indice dell’effetto farmacologico dell’AZA.
È inoltre necessario prestare attenzione
ai polimorfismi di TPMT, tiopurina metil-transferasi.
·
CY, ciclofosfamide, è un alchilante del DNA ed un inibitore
specifico del ciclo cellulare.
Si somministrano 3-5 mg/kg in 2-3
somministrazione die.
Si ha un miglioramento clinico circa 4-12
settimane dopo l’inizio della terapia, massimo a 7 mesi.
Tra gli effetti collaterali abbiamo
aplasia midollare, infezioni opportunistiche, tossicità vescicale, infertilità,
aumentato rischio di neoplasie, vomito, diarrea e dolore addominale.
·
MTX, metotraxato, è un antagonista dei folati che inibisce la
sintesi de novo di purine e pirimidine.
·
MMF, micofenolato mofetile, convertito a livello epatico in
acido micofenolico, inibisce l’enzima di sintesi purinica, inosina monofosfato
deidrogenasi, nei linfociti.
Viene somministrato in 1000-1500 mg in 2
somministrazione die.
Si assiste ad un miglioramento clinico
dai 5 mesi dopo l’inizio della terapia.
Tra gli effetti collaterali vi sono mal
di testa e disturbi gastrointestinali, quali nausea e diarrea.
·
CsA, ciclosporina A, nel citoplasma si lega alla ciclofillina.
Il complesso CsA-ciclofillina si lega alla calcineurina con conseguente
inibizione dell’attivazione delle cellule T.
La ciclosporina viene somministrata due
volte al giorno in 3-5 mg/kg.
Si assiste ad un miglioramento clinico
circa 4-12 settimane dopo l’inizio della terapia, massimo a 7 mesi.
Tra gli effetti collaterali ricordiamo
l’insufficienza renale, l’ipertensione arteriosa, il tremore e l’ipertrofia
gengivale. Sono state osservate neoplasie (adenocarcinoma delle tube, melanoma,
tumori cutanei e linfoma) in circa l’11% dei pazienti trattati.
·
Tac, tacrolimus, nel citoplasma si lega a FKB. Il complesso
TAC-FKB si lega alla calcineurina con conseguente inibizione dell’attivazione
delle cellule T.
Due volte al giorno si somministrano 0.1
mg/kg.
Tra gli effetti collaterali possiamo
avere ipertensione, aumento della creatinina, mal di testa, dolore oculare,
aumento dei granulociti, riduzione dei linfociti ed aumentato rischio di
neoplasie.
·
Steroidi, che nel nucleo inibiscono la proteina
AP-1 e quindi l’attivazione delle cellule T. Agiscono anche bloccando la
processazione dell’antigene ed il numero di cellule T circolanti.
Il farmaco elettivo per il trattamento
della MG resta, in prima istanza, il cortisone (Prednisone), in cpr da 5 e 25
mg.
Il prednisone viene somministrato in
0.75-1 mg/kg die fino al raggiungimento del massimo miglioramento clinico
ottenibile.
Durante il mantenimento si deve procedere
con un passaggio graduale alla somministrazione a giorni alterni e quindi
riduzione graduale del 10% del dosaggio ogni 6 settimane sino alla dose minima
efficace.
È importantissimo ricordare di essere
cauti nell’avvio del trattamento steroideo, per la possibile comparsa di un
temporaneo peggioramento dei sintomi miastenici, per interferenza con la
trasmissione di placca, di solito entro le due settimane.
Il trattamento con prednisone può avere
come effetti collaterali un aumento ponderale, una ritenzione idrica,
ipertensione arteriosa, insorgenza di diabete mellito, glaucoma, cataratta,
ansietà, insonnia ed infine ridotta mineralizzazione ossea.
È molto utile una precoce associazione
con farmaci immunosoppressivi, “risparmiatori di steroide”.
Quali
possono essere le premesse ad una scelta terapeutica, tra le terapie citate, in
un pz. con MG?
La
scelta terapeutica in un pz. con MG non è mai una scelta facile, quanto
piuttosto articolata e complessa, personalizzata, perché:
1)
si
deve considerare il titolo anticorpale AChR, che non è proporzionato alla
gravità clinica (anti MuSK sì)
2)
si
deve considerare e valutare il decremento registrato all’esame
elettrofisiologico, che non è proporzionato alla gravità clinica
3)
NON esistono
veri e propri algoritmi terapeutici ed ogni caso clinico è un unicum, in cui
devono essere considerate e valutate le fluttuazione nell’andamento clinico di
malattia, l’imprevedibilità di risposta al trattamento, eventuali
riacutizzazioni e/o miglioramenti e/o recidive e/o remissioni e comorbilità nei
pazienti.
Un
farmaco immunosoppressivo straordinario nel trattamento della MG, soprattutto
anti MuSK è il Rituximab, un
anticorpo monoclonale diretto contro il marker di superficie CD-20 delle
cellule B.
Questo
farmaco è molto noto per il suo ampio utilizzo in ambito oncologico, ma di
recente viene utilizzato anche in pazienti miastenici.
Terapia
immunomodulatoria
La
terapia immunomodulatoria ha come fine il migliorare il blocco neuromuscolare, grazie
a provvedimenti a breve termine in emergenza.
Plasmaferesi
e somministrazione di immunoglobuline non vanno MAI considerate come terapie di
mantenimento.
·
Plasmaferesi: consta nella rimozione di 1-2 volumi
plasmatici a giorni alterni per 5-6 volte (protocolli molto variabili). Si può
assistere ad un miglioramento entro alcuni giorni di durata limitata (1-2 mesi).
Il meccanismo d’azione consiste nella
rapida rimozione mediante centrifugazione o immunoadsorbimento degli anticorpi
circolanti.
I rischi connessi riguardano difficoltà
nel reperire accessi venosi o complicanze infettive.
·
Immunoglobuline: la
dose iniziale raccomandata è di 0.4 - 0.8 g/kg, seguiti da almeno 0.2 g/kg ogni
3 settimane.
CRISI MIASTENICA
La crisi miastenica è caratterizzata da
un’insufficienza respiratoria ad esordio acuto, spesso con difficoltà di
deglutizione e di articolazione della parola e da un aggravamento
dell’ipostenia agli arti superiori e inferiori.
Il
74% delle crisi miasteniche si hanno nei primi due anni di esordio della MG in
circa il 15-20% dei pazienti.
Si
ha una prevalenza del 20-30% nel primo anno nei pazienti giovani, tardivamente
nel decorso nei pazienti anziani.
La
mortalità nei pz. anziani è pari al 40% negli anni sessanta e al 5% negli anni
settanta.
La
frequenza di crisi respiratorie in corso di crisi miastenica è diversa nelle
diverse forme cliniche di MG e nello specifico nella MG oculare è praticamente
pari allo 0%, nella SNMG, ovvero nella miastenia sieronegativa (anti AChR e
anti MuSK negativa) è pari a circa il 6%, nella early-onset MG si aggira
intorno al 10%, nella late-onset MG è pari al 14% circa, nel timoma è tra
17-18% ed infine nella MuSK-MG è vicina al 35%.
(N.B: il dato percentuale
si riferisce al n. di pazienti con crisi/pazienti totali.)
Fattori
precipitanti
I
fattori precipitanti possono essere:
·
infezioni: nel 30-40% dei casi. Più frequentemente
si tratta di infezioni, anche banali, delle prime vie aeree; in un 10% dei
casi, in pz. con debolezza orofaringea, si ha polmonite ab ingestis.
·
farmaci: corticosteroidi, antibiotici (come ad es.
aminoglicosidici, ciprofloxacina, clindamicina), antiaritmici (come ad es.
procainamide, propanololo e timololo) ed infine neurologici (come ad es.
fenitoina, trimetadione e litio).
·
stress derivante da interventi chirurgici e traumi.
·
somministrazione di tossina botulinica.
·
timoma.
·
cause non identificabili nel 30-40% dei pazienti.
Distress
respiratorio
L’insufficienza
respiratoria ad esordio acuto caratteristica della crisi miastenica ha una
genesi multipla, derivante da:
·
debolezza dei muscoli inspiratori con conseguente ipoventilazione e riduzione
del riflesso della tosse, con ristagno delle secrezioni
·
debolezza dei muscoli laringei con conseguente protezione inadeguata
delle prime vie aeree
·
debolezza dei muscoli della lingua e
della faringe con
conseguente ostruzione delle prime vie aeree.
·
atelectasia polonare con conseguente riduzione della
compliance polmonare -> aumento dello shunt polmonare -> ipossiemia (no
ipercapnica) -> aumento del carico -> insufficienza respiratoria.
Diagnosi
differenziale
Valutazione
di ptosi, oftalmoparesi, pupille, deficit mimici, deficit e fascicolazioni ai
muscoli degli arti, riflessi e disautonomia rappresentano i segni utili per
aiutarci a fare diagnosi differenziale tra crisi miastenica, colinergica,
botulismo, Sindrome di Guillain-Barrè e polimiosite.
Si
riporta, per completezza, la seguente tabella riassuntiva.
|
Crisi
miastenica
|
Crisi
colinergica
|
Botulismo
|
Guillain-Barrè
|
Polimiosite
|
PTOSI
|
++
|
+
|
+
|
+/- (Sindr. Miller- Fisher)
|
-
|
OFTALMOPARESI
|
+++
|
+
|
++
|
+ (Sindr. Miller-Fisher)
|
-
|
PUPILLE
|
normali
|
miosi
|
midriasi
|
normali
|
normali
|
DEFICIT
MIMICI
|
+++
|
++
|
++
|
+++
|
+
|
MM.
degli ARTI
|
|
|
|
|
|
- deficit
|
++/+++
|
++
|
++
|
+++
|
+++
|
- fascicolazioni
|
rare
|
frequenti
|
assenti
|
rare
|
assenti
|
RIFLESSI
O-T
|
++
|
++
|
-
|
-
|
+/-
|
DISAUTONOMIA
|
-
|
+++
|
+++
|
+
|
-
|
Gestione
della crisi miastenica
La
corretta gestione clinica prevede una gestione in emergenza, articolata come
segue:
1)
pronta
diagnosi dell’insufficienza respiratoria in rapida evoluzione,
2)
trasferimento
immediato in T.I con supporto respiratorio per l’immobilità totale improvvisa
della cassa toracica,
3)
trattamento
di una possibile infezione,
4)
trattamento
specifico.
Valutazione
della funzione respiratoria
Vi
sono poi una serie di segni clinici di insufficienza respiratoria in rapida
evoluzione da valutare, ovvero:
·
dispnea
con tachi- ed ortopnea,
·
uso
dei mm. accessori,
·
respiro
paradosso,
·
tosse
ipovalida con ostruzione bronco-tracheale da secrezioni,
·
disfagia
con aspirazione di cibo e saliva,
·
stato
di agitazione ed insonnia,
·
tachicardia
ed ipertensione, dovute ad un aumento della CO2,
·
disturbi
autonomici come ad es. sudorazione e salivazione.
Quando
la pervietà delle vie respiratorie è compromessa, il paziente dovrebbe essere
trasferito in T.I. anche in assenza di vera insufficienza respiratoria.
La
classica regola empirica 20/30/40 (CV, ovvero capacità vitale, <20 mL/kg,
MIP, cioè pressione massima inspiratoria, <-30 cmH2O, MEP, ovvero
pressione massima espiratoria, <40 cmH2O) è utile per valutare il
rischio di crisi respiratoria e scegliere il momento più idoneo per
l’intubazione.
Il
solo monitoraggio della saturazione di O2 è inadeguato perché può
dare una falsa impressione di relativa stabilità fino allo scompenso
respiratorio acuto. Ripetuti controlli dell’EGA sono più sicuri.
Management
respiratorio
Nel
management respiratorio abbiamo due possibilità: la ventilazione non invasiva (con maschere nasali, maschere
oro-nasali, casco), scelta sempre in prima istanza, e l’intubazione endotracheale, procedura ovviamente più invasiva.
Entrambe
devono essere effettuate in T.I. e la scelta tra le due dipende dalla gravità
dei deficit muscolari, dalla pervietà delle vie aeree, dalla presenza di
affezioni polmonari e/o toraciche e dalla valutazione dei risultati dell’emogas
analisi.
Qualora
vi sia un’intolleranza della procedura per la NIV, ventilazione non invasiva,
mancato miglioramento dell’emogas e della dispnea ed instabilità emodinamica o
stato di shock, è bene interrompere la ventilazione non invasiva e procedere
con l’intubazione.
Quando
si è in dubbio è meglio procedere SEMPRE con l’intubazione, evitando pericolosi
ritardi che potrebbero anche compromettere la vita del paziente.
A
pz. intubato si sospende l’anticolinesterasico e si mantiene il cortisone,
quest’ultimo mantenuto anche quando c’è un’infezione in atto.
La
procedura di intubazione endotracheale è una procedura in emergenza miastenica,
in cui è bene adottare provvedimenti a breve termine come plasmaferesi ed
immunoglobuline, caratterizzati da rapidità di effetto clinico.
Il
protocollo standard nel trattamento della crisi con plasmaferesi prevede 5 o 6
feresi a giorni alterni (2-4 L/scambio). Il trattamento ha però un’efficacia di
breve durata (2-3 settimane) che rende necessaria la contemporanea
somministrazione di farmaci immunosoppressori ed il posizionamento di accessi
venosi (-> aumenta il rischio infettivo).
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