giovedì 1 dicembre 2016

Malattie Mieloproliferativi Croniche

Le malattie mieloproliferative croniche possono essere caratterizzate tutte da un aumento del numero delle piastrine, cioè da un numero delle piastrine superiore a 450.000.
Queste malattie sono il corrispettivo cronico delle leucemie mieloidi acute e delle mielodisplasie, che altro non sono che delle malattie mieloproliferative sub-acute.
È possibile che ci siano anche mielodisplasie con aumentato numero di piastrine, in particolare la leucemia mielo-monocitica cronica.
Le malattie mieloproliferative sono state classificate nel 2008 dalla WHO come neoplasie mieloproliferative croniche.
La principale patologia di questo gruppo è la leucemia mieloide cronica.
La policitemia vera, la trombocitemia essenziale, la  mielofibrosi primitiva e la leucemia mieloide cronica hanno dei punti di contatto molto stretti, al punto che talvolta decidere dev’è il confine di una o dell’altra malattia può diventare molto complicato.
Tutte queste forme tendono inoltre a evolvere in mielofibrosi e la mielofibrosi è una tappa verso la leucemia mieloide acuta, che è comunque la fase finale o blastica della leucemia mieloide cronica.

Il cromosoma Philadelphia è il marker citogenetico specifico della leucemia mieloide cronica (presente in circa il 90% dei pazienti con questa patologia) ed è caratterizzato dalla presenza di una traslocazione dal cromosoma 9 al cromosoma 22 di un pezzettino di gene normalmente localizzato a livello del braccio lungo del cromosoma 9, che viene traslocato a livello del braccio lungo del cromosoma 22 [dal libro: traslocazione reciproca del braccio lungo del cromosoma 9 e di una parte del braccio lungo del cromosoma 22]. Questa traslocazione è facilmente riconoscibile in caso venga eseguito un mappaggio cromosomico, per la presenza di un piccolo ed anomalo cromosoma 22.
Il cromosoma Philadelphia determina la produzione di una proteina chimerica, p210, con attività tirosin-chinasica, responsabile della proliferazione incontrollata dei granulociti neutrofili (più raramente eosinofili e basofili) maturi.
Nella leucemia mieloide acuta viene invece prodotto dal midollo un gran numero di blasti immaturi.
Anche senza alcun tipo di terapia il paziente affetto da leucemia mieloide cronica può sopravvivere per circa 5 anni senza alcun tipo di problema. Tuttavia l’evoluzione inevitabile è quella in leucemia mieloide acuta, spesso fatale.
Una terapia attualmente utilizzata per il trattamento della leucemia mieloide cronica prevede il blocco delle tirosin-chinasi, che permette di rallentare o addirittura di bloccare la malattia.
Le altre malattia mieloproliferative croniche sono dette Ph- (Philadelphia negative), perché non presentano il cromosoma Philadelphia.
La mutazione V617F (sostituzione della valina 167 con fenilalanina), presente nel 95% delle policitemie vere e nell’60-65% delle trombocitopenie essenziali e delle mielofibrosi primitive, colpisce il sito pseudo-chinasico di JAK2 e determina un’attivazione costitutiva della proteina. Questa mutazione colpisce l’esone 14 (95% dei pazienti), mentre mutazioni più rare causa di malattie mieloproliferative croniche colpisco l’esone 12 (4-4,5%).
Meno dell’1% dei pazienti non è quindi portatore di questa mutazione.
Oggi la diagnosi di queste patologie si fa riconoscendo la presenza di queste mutazioni nella linea granulocitaria con un semplicissimo test con la PCR.
L’affinità tra la mutazione caratteristica della leucemia mieloide cronica e quelle delle altre malattie mieloproliferative croniche è che entrambe queste mutazioni inducono l’aumento della proliferazione cellulare midollare.

Inciso terminologico:
Trombocitosi: numero di piastrine aumentato rispetto ai valori normali.
Trombocitemia: malattia mieloproliferativa o neoplastica che determina un aumento del numero delle piastrine rispetto ai valori normali.
Eritrocitosi: ematocrito elevato.
Eritrocitemia: equivalente della trombocitemia, riferito però ai globuli rossi.


TROMBOCITOSI SECONDARIE/REATTIVE

Le cause di trombocitosi sono:
·       Splenectomia chirurgica o asplenia congenita, riassorbimento della milza per motivi autoimmuni o atrofia splenica.
La milza è infatti organo di deposito delle piastrine e, se essa non è presente, a parità di produzione aumenta la loro quota libera in circolo;
·       Sanguinamento importante: le piastrine hanno un’emivita di circa una settimana.
Quando un paziente sanguina non perde solo eritrociti, ma anche piastrine, che devono essere quindi rimpiazzate.
La trombocitosi conseguente al sanguinamento è rilevabile in tempi brevi, in quanto la produzione di piastrine da parte del midollo osseo è molto rapida (rebound piastrinico post-emorragico);
·       Sideropenia: in questo caso il numero delle piastrine torna nella norma in seguito all’assunzione di ferro;
·      Malattie infiammatorie
·       Tumori;
·       Infezioni;
 In questi ultimi tre casi le piastrine assumono lo stesso significato della proteina C reattiva. La loro produzione è stimolata dalla presenza di interleuchine, in particolare dall’IL-6, che porta a maturazione i megacariociti. Se si cura l’infezione, si controlla la malattia infiammatoria o si rimuove il tumore le piastrine ritornano ai valori normali.

·       Cause iatrogene: i due farmaci tipicamente colpevoli di trombocitosi sono cortisone e alcuni farmaci anti-neoplastici, quali per esempio la vincristina (anti-blastico utilizzato nelle leucemie pediatriche prevalentemente).

Caratteristica principale di queste trombocitosi è che hanno il significato della VES, non rappresentano quindi un pericolo per il paziente.

TROMBOCITEMIA ESSENZIALE

La trombocitemia essenziale è una malattia mieloproliferativa cronica, che è per definizione caratterizzata da trombocitosi.
I criteri per la diagnosi di trombocitemia essenziale del 1992 sono criteri di esclusione e comprendono:
·       Mancato rilevamento di poliglobulia;
·       Esclusione della leucemia mieloide cronica;
·       Esclusione della mielofibrosi;
·       Esclusione delle cause di trombocitosi sopra riportate.
La scoperta di JAK2 ha aperto nuovi orizzonti e nel 2008 sonno stati formulati dalla WHO i nuovi criteri che sono:
·       Presenza di trombocitosi sostenuta nel tempo (3 prelievi che confermano la trombocitosi nel giro di 3-6 mesi);
·       Esclusione delle altre forme di malattie mieloproliferative (leucemia mieloide cronica, policitemia vera, mielofibrosi primitiva e mielodisplasie o altre neoplasie mieloidi);
·       Dimostrazione di un marcatore clonale, cioè JAK2V617F o di altri marcatori di clonalità, oppure mutazione del recettore c-MPL (recettore piastrinico della trombopoietina) o del gene della calreticulina CALR;
·       Osservazione della proliferazione megaacariocitaria midollare
Per la diagnosi sono necessari tutti e 4  questi criteri.
È quindi importante eseguire una biopsia midollare per osservare i megacariociti che nelle forme di trombocitosi essenziale sono numerosi come nella forma secondaria, ma anche displastici, con un nucleo a nuvola (cloud like) e si raggruppano in cluster lassi.
Si può riscontrare un aumento non significativo della granulocitopoiesi e dell’eritropoiesi.
La diagnosi di trombocitemia essenziale non è una diagnosi a prognosi infausta, quindi la presenza di queste mutazioni genetiche e l’osservazione della biopsia ossea sono dei criteri positivi di diagnosi quando indirizzano verso questa patologia.
La trombocitemia essenziale è una malattia non molto frequente, tuttavia non è classificata tra le malattie rare.
Non ha significative differenze di incidenza tra maschio e femmina, anche se risulta essere un po’ più comune nella donne.
Ha un’incidenza massimale, come le altre malattie mieloproliferative, tra i 50 e i 60 anni, ma può comunque presentarsi anche nel giovane e in età pediatrica.
La diagnosi di trombocitemia essenziale è spesso secondaria al riscontro casuale di una trombocitosi reiterata nel tempo, in quanto questa patologia non dà alcun tipo di segno o sintomo e non comporta un peggioramento della qualità di vita e dello stato di salute del paziente.
La clinica non è quindi significativa.
Raramente può essere presente un po’ di splenomegalia.
Spesso il paziente può presentare iper-kaliemia, dovuta all’aumentata lisi piastrinica.
La vera preoccupazione per questi pazienti è però lo sviluppo di sindromi trombotiche (arteriose, venose, ischemie del microcircolo à eritromialgia: sindrome dolorosa al palmo delle mani e alla pianta dei piedi, che in genere sono congesti).
La trombocitemia essenziale è l’unica malattia mieloproliferativa che mostra una certa incidenza nella donna in età fertile. Essa può dare adito a eventi gravidici negativi, caratterizzati da aborti o da parti prematuri, dovuti alle ischemie a livello del circolo placentare.
I pazienti trombocitemici tuttavia spesso, invece di presentare trombosi, presentano emorragie. Questi pazienti hanno infatti quella che si definisce sindrome di von Willebrand acquisita, cioè hanno riduzione dei multimeri di fattore di von Willebrand, probabilmente legata al fatto che il numero elevato di piastrine in circolo porta alla loro attivazione, alla degranulazione e quindi alla mancata funzione piastrinica in caso di loro effettiva necessità in un secondo momento.
Il paziente affetto da trombocitemia essenziale con età < 40 anni asintomatico non va trattato, mentre dai 50 anni un paziente dello stesso tipo dovrebbe assumere aspirina. Inoltre, nei pazienti di età più avanzata vanno controllati i fattori di rischio cardiovascolare, che costituiscono un’ulteriore indicazione alla somministrazione di aspirina.
È indicato l’uso di cito-riduttori oltre all’aspirina nei pazienti sopra i 60-65 anni, perché in questi è stato dimostrato un aumentato rischio trombotico se equiparati con la popolazione normo-piastrinica di pari sesso ed età.
I cito-tossici sono indicati nei pazienti con grandi piastrinosi ed emorragie, così come nei pazienti che hanno avuto pregressi eventi trombotici.
I criteri di rischio trombotico sono:
·       Età > 65 anni;
·       Precedente evento trombotico.

La mielocentesi o aspirato midollare è un esame citologico, che consiste nell’aspirazione tramite un ago del sangue midollare e nell’esecuzione dello striscio di sangue midollare su vetrino, che viene osservato al microscopio dopo opportuna colorazione.
La biopsia ossea è un esame istologico, che consiste nel prelievo di un frustolo di osso con il suo midollo, che permette non solo di visualizzare le cellule midollari, ma anche la struttura che le sostiene, cioè il reticolo.
La valutazione del reticolo permette di dire se c’è o meno mielofibrosi.


POLICITEMIA

La policitemia vera è la più comune delle malattie mieloproliferative croniche.
La sua caratteristica principale è l’Ht (percentuale del sangue corpuscolata, costituita per la maggior parte da eritrociti, il cui valore normale si aggira attorno al 45%) elevato, cioè un interessamento specifico della serie rossa (eritrocitosi [= Ht > 45%] o eritrocitemia), che molto spesso si associa a leucocitosi e trombocitosi.
Le cause di eritrocitosi si dividono in:
·       Relative: l’Ht è aumentato non perché sono aumentate le cellule del sangue, ma perché è diminuita la componente liquida del sangue (es. disidratazione).
Un esempio di eritrocitosi relativa è l’eritrocitosi da stress o sindrome di Gaisbok, determinata da un’aumentata produzione di adrenalina, come nel caso degli studenti che devono sostenere un esame importante, che è responsabile della comparsa di policitemia secondaria. Le modificazioni ematochimiche che si hanno in questo caso sono responsabili del richiamo di liquidi dal circolo al terzo spazio e quindi di emo-concentrazione e di eritrocitosi relativa;
·       Assolute: l’aumento dell’Ht è dovuto all’effettivo aumento delle cellule eritrocitarie.
Si distinguono in forme primitive (policitemia vera, dovuta a un’alterazione a livello del midollo osseo) e secondarie (aumento della produzione midollare non dovuto a un’alterazione del midollo).
Le forme secondarie sono solitamente dovute a un’iper-produzione di eritropoietina, che può essere dovuta a motivi fisiologicamente appropriati o fisiologicamente non appropriati.
L’eritropoietina aumenta in maniera fisiologica:
o   Nelle condizioni ipossiche (pneumopatie croniche, tabagismo, apnee ostruttive notturne, sindrome di Pickwick [caratterizzata da obesità, ipossia e poliglobulia], altitudine, intossicazione da carbossiemoglobina);
o   Assunzione di eritropoietina ricombinante.
L’eritropoietina aumenta in maniera non fisiologica in caso di:
o   malattie renali: in cui l’infiammazione renale si accompagna a un’aumentata produzione di eritropoietina;
o   tumori (angioblastomi cerebellari, HCC, meningiomi) capaci di produrre eritropoietina ectopica.
L’eritropoietina viene alterata dalla carbossiemoglobina. Per questo motivo i grandi fumatori sono eritrocitosici. Oltre ad aumentare la produzione di globuli rossi, inoltre, il fumo riduce il volume plasmatico.
Nel 2008 sono stati aggiornati i criteri diagnostici per la policitemia vera da parte della WHO. Essa ha dimostrato che la presenza di una mutazione di JAK2 o simile è un criterio diagnostico maggiore nel paziente con aumentato Ht.
La mutazione di JAK2 determina il fatto che l’eritropoietina non si distacchi mai dalla coda del suo recettore, pertanto il messaggio di proliferazione eritrocitaria diventa permanente.
La policitemia vera è una malattia dell’età avanzata, è più frequente della trombocitemia essenziale e colpisce prevalentemente gli individui di sesso maschile.
I casi di policitemia vera in età pediatrica e giovanile sono aneddotici.
La clinica comprende splenomegalia ed epatomegalia.
I pazienti con policitemia vera presentano lo stesso rischio trombotico dei pazienti con trombocitemia essenziale, disturbi di tipo emorragico, soprattutto a livello gastroenterico, e disturbi del microcircolo.
Altri sintomi caratteristici della policitemia vera sono il prurito acquagenico (prurito insopportabile, che insorge dopo essersi fatti la doccia), la cefalea e le parestesie.
L’Ht è alto, le piastrine e i leucociti possono essere aumentati (la cellularità è comunque sempre a favore della serie rossa).
Può essere associato un aumento della glicemia.
Accanto al riscontro di segni e sintomi tipici della policitemia vera va sempre valutata anche la presenza di una mutazione di JAK2.
Tipica è anche la facies del paziente affetto da questa patologia, detta appunto poliglobulica: la cute è congesta, i pomelli sono molto arrossati, le sclere sono iniettate di sangue e i prolabi sono cianotici.
A livello delle mani e dei piedi e riscontrabile l’aspetto tipico dell’eritromialgia.
Il 33% circa dei pazienti policitemici presenta nell’arco della sua vita un evento trombotico maggiore (embolia polmonare, ictus, sindromi coronariche acute, trombosi venose).
Nel quadro delle overlap syndrome il 16% dei pazienti policitemici a 10 anni dalla diagnosi e il 35% a 15 anni dalla diagnosi sviluppano una mielofibrosi.
Inoltre l’1,3-1,5% dei pazienti policitemici diventa leucemico ogni anno.
La leucemia mieloide acuta sembra essere, anche se non c’è certezza assoluta al riguardo, l’end point fisiologico della policitemia vera.
La leucemia mieloide acuta potrebbe comunque essere dovuta anche all’utilizzo di cito-riduttori.
Tutti i pazienti affetti da policitemia vera vanno trattati, a differenza di quanto invece si fa per la trombocitopenia essenziale, in quanto senza trattamento si ha un evento trombotico maggiore nel giro di 2 anni.
Il paziente giovane affetto da policitemia vera deve essere sottoposto a salasso periodico, per mantenere l’Ht sotto il 45%. Questo permette di riportare il rischio trombotico a quello di un individuo dello stesso sesso ed età.
I pazienti con policitemia vera devono inoltre essere sottoposti a una terapia anti-aggregante (aspirina a basse dosi).
L’utilizzo di cito-tossici è necessario quando:
·       il paziente è anziano;
·       il paziente ha già avuto un evento trombotico;
·       il paziente, in seguito a salasso-terapia, va incontro a una trombocitosi.
Eritropoiesi: dalla cellula staminale totipotente c’è un commitment verso la popolazione eritrocitaria, vengono attraversate tutte le fasi di maturazione in senso eritroide (cellula staminale indifferenziata à cellula staminale appena differenziata à precursori eritroidi à cellule eritrocitiche mature).
Su varie fasi della maturazione, nello specifico quelle iniziali, agisce una citochina, l’eritropoietina.
L’eritropoietina è prodotta in età adulta dalle cellule del rene, in particolare della corticale e della midollare renale. In età fetale l’eritropoietina è invece prodotta dal fegato.
La produzione di eritropoietina è stimolata da un quadro ipossico.
I recettori per l’eritropoietina sono massivamente presenti sui precursori eritroidi.
Alterazioni delle cellule renali, alterazioni della capacità di percepire l’ipossiemia, condizioni di bassa ossigenazione stimolano la produzione di eritropoietina.


MIELOFIBROSI PRIMARIA

La mielofibrosi primaria o primitiva è una malattia mieloproliferativa cronica, che consiste nella fibrosi del reticolo midollare. Questo reticolo, assimilabile a una rete da pesca, mantiene in posizione costante le cellule midollari, che non si muovono quindi a seconda dei movimenti del soggetto, come farebbe invece un liquido.
Il reticolo midollare è costituito da fibre collagene, prodotte dai fibroblasti, cellule che originano dalla cellula staminale totipotente.
Quando il midollo prolifera in senso fibroso per cause primitive si parla di mielofibrosi primaria.
Tuttavia il paziente può presentare fibrosi midollare anche per altri motivi. Uno di questi è l’effetto della radiazione rilasciata dalla bomba atomica, che ha determinato nei soggetti colpiti in una prima fase mielofibrosi, mentre in una seconda fase leucemia mieloide acuta.
Allo stesso modo anche la terapia radiante può determinare mielofibrosi.
Sarà naturalmente più grave l’irradiazione e la conseguente mielofibrosi che interessa ossa che contengono molto midollo, come quelle della colonna e del cranio.
Tutti i chemioterapici possono indurre mielofibrosi.
Molte malattie ematologiche evolvono verso una mielofibrosi.
Anche malattie endocrino-metaboliche, come il morbo di Paget e l’iper-tiroidismo, possono determinare la comparsa di mielofibrosi.
Non ultimo, anche il LES può determinare la comparsa di mielofibrosi.
La mielofibrosi primaria è la forma idiopatica, che dal punto di vista morfologico è uguale a tutti gli altri tipi di mielofibrosi.
I criteri diagnostici della WHO del 2008 per la mielofibrosi primaria sono:
·       presenza di JAK2V617F o altri marker clonali (per esempio MPLW515L/K o mutazioni della calreticulina) o, in assenza di marker clonali, l’esclusione di mielofibrosi dovuta a processi infiammatori o ad altre neoplasie;
·       proliferazione reticulinica (incremento delle fibre reticolari e/o del collagene) del midollo osseo, caratterizzata da iperplasia megacariocitaria e atipie morfologiche. I magacariociti sono inoltre legati in cluster densi.
La biopsia ossea, a parità di mutazione di JAK2, permette la diagnosi differenziale tra mielofibrosi primaria e trombocitemia essenziale.
La mielofibrosi evolve nel tempo sempre in leucemia mieloide acuta.
La mielofibrosi primaria è una malattia dell’anziano, rara, non presenta differenze di incidenza tra maschio e femmina e non si manifesta mai in età pediatrica (tranne in caso di irradiazione).
Quello descritto fino a questo punto è il quadro terminale, conclamato, della mielofibrosi.
Le fasi che lo precedono, dette floride, sono caratterizzate esclusivamente da trombocitosi e da una modesta granulocitosi.
La differenza clinica tra trombocitemia essenziale e mielofibrosi iniziale è molto sfumata e richiede l’ausilio di un bravo anatomopatologo.
Quando la malattia evolve si sviluppa:
·       splenomegalia: particolarmente importante, la milza può arrivare fino alla fossa iliaca sinistra;
·       epatomegalia: non altrettanto imponente quanto la splenomegalia;
·       calo ponderale: secondario alla crescita importante degli organi splancnici;
·       sudorazioni notturne: che potrebbero anche far sospettare un linfoma o una leucemia;
·       leuco-/eritroblastosi periferica: in circolo sono presenti eritroblasti con caratteristiche mieloidi e mantenimento del nucleo;
·       anemia;
·       trombocitopenia;
·       neutrofilia.
Il paziente con mielofibrosi primitiva ha bisogno di trasfusioni, comprese quelle piastriniche, e finiscono spesso per diventare pazienti leucemici.
L’unica terapia oggi disponibile nei confronti della mielofibrosi primaria è il trapianto di midollo. Tuttavia sono controindicazioni al trapianto di midollo l’età > 60 anni, la splenomegalia molto pronunciata, un pregresso evento cardiovascolare, una pregressa trombosi.
Il trapianto di midollo allogenico è quindi riservato solo a pazienti giovani, a rischio intermedio-alto e senza comorbidità.
Per cercare di aumentare il numero di globuli rossi si somministrano steroidi.
In alcuni casi si usano anti-blastici, quali l’idrossiurea.
Nei pazienti con splenomegalia di grado molto elevato si opera una splenectomia chirurgica.

I farmaci di più recente sviluppo sono inibitori di JAK2, che hanno un potente effetto anti-citochinico e riescono in una buona percentuale di pazienti a ridurre volume e consistenza della milza e la sintomatologia clinica.

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