Le
malattie mieloproliferative croniche
possono essere caratterizzate tutte da un aumento del numero delle piastrine,
cioè da un numero delle piastrine superiore a 450.000.
Queste
malattie sono il corrispettivo cronico delle leucemie mieloidi acute e delle
mielodisplasie, che altro non sono che delle malattie mieloproliferative
sub-acute.
È
possibile che ci siano anche mielodisplasie con aumentato numero di piastrine,
in particolare la leucemia
mielo-monocitica cronica.
Le
malattie mieloproliferative sono state classificate nel 2008 dalla WHO come neoplasie mieloproliferative croniche.
La
principale patologia di questo gruppo è la leucemia
mieloide cronica.
La policitemia vera, la trombocitemia essenziale, la mielofibrosi primitiva e la leucemia mieloide cronica hanno dei
punti di contatto molto stretti, al punto che talvolta decidere dev’è il
confine di una o dell’altra malattia può diventare molto complicato.
Tutte
queste forme tendono inoltre a evolvere in mielofibrosi e la mielofibrosi è una
tappa verso la leucemia mieloide acuta, che è comunque la fase finale o
blastica della leucemia mieloide cronica.
Il
cromosoma Philadelphia è il marker
citogenetico specifico della leucemia mieloide cronica (presente in circa il
90% dei pazienti con questa patologia) ed è caratterizzato dalla presenza di
una traslocazione dal cromosoma 9 al cromosoma 22 di un pezzettino di gene
normalmente localizzato a livello del braccio lungo del cromosoma 9, che viene
traslocato a livello del braccio lungo del cromosoma 22 [dal libro:
traslocazione reciproca del braccio lungo del cromosoma 9 e di una parte del
braccio lungo del cromosoma 22]. Questa traslocazione è facilmente riconoscibile
in caso venga eseguito un mappaggio cromosomico, per la presenza di un piccolo
ed anomalo cromosoma 22.
Il
cromosoma Philadelphia determina la produzione di una proteina chimerica, p210,
con attività tirosin-chinasica, responsabile della proliferazione incontrollata
dei granulociti neutrofili (più raramente eosinofili e basofili) maturi.
Nella
leucemia mieloide acuta viene invece prodotto dal midollo un gran numero di
blasti immaturi.
Anche
senza alcun tipo di terapia il paziente affetto da leucemia mieloide cronica
può sopravvivere per circa 5 anni senza alcun tipo di problema. Tuttavia
l’evoluzione inevitabile è quella in leucemia mieloide acuta, spesso fatale.
Una
terapia attualmente utilizzata per il trattamento della leucemia mieloide
cronica prevede il blocco delle tirosin-chinasi, che permette di rallentare o
addirittura di bloccare la malattia.
Le
altre malattia mieloproliferative croniche sono dette Ph- (Philadelphia
negative), perché non presentano il cromosoma Philadelphia.
La
mutazione V617F (sostituzione della valina
167 con fenilalanina), presente nel 95% delle policitemie vere e nell’60-65%
delle trombocitopenie essenziali e delle mielofibrosi primitive, colpisce il
sito pseudo-chinasico di JAK2 e determina un’attivazione costitutiva della proteina.
Questa mutazione colpisce l’esone 14 (95% dei pazienti), mentre mutazioni più
rare causa di malattie mieloproliferative croniche colpisco l’esone 12
(4-4,5%).
Meno
dell’1% dei pazienti non è quindi portatore di questa mutazione.
Oggi
la diagnosi di queste patologie si fa riconoscendo la presenza di queste
mutazioni nella linea granulocitaria con un semplicissimo test con la PCR.
L’affinità
tra la mutazione caratteristica della leucemia mieloide cronica e quelle delle
altre malattie mieloproliferative croniche è che entrambe queste mutazioni
inducono l’aumento della proliferazione cellulare midollare.
Inciso
terminologico:
Trombocitosi: numero di piastrine aumentato rispetto
ai valori normali.
Trombocitemia: malattia mieloproliferativa o
neoplastica che determina un aumento del numero delle piastrine rispetto ai
valori normali.
Eritrocitosi: ematocrito elevato.
Eritrocitemia: equivalente della trombocitemia, riferito
però ai globuli rossi.
TROMBOCITOSI
SECONDARIE/REATTIVE
Le
cause di trombocitosi sono:
·
Splenectomia
chirurgica o asplenia congenita, riassorbimento della milza per motivi
autoimmuni o atrofia splenica.
La milza è infatti organo di deposito
delle piastrine e, se essa non è presente, a parità di produzione aumenta la
loro quota libera in circolo;
·
Sanguinamento
importante: le piastrine hanno un’emivita di circa una settimana.
Quando un paziente sanguina non perde
solo eritrociti, ma anche piastrine, che devono essere quindi rimpiazzate.
La trombocitosi conseguente al
sanguinamento è rilevabile in tempi brevi, in quanto la produzione di piastrine
da parte del midollo osseo è molto rapida (rebound piastrinico
post-emorragico);
·
Sideropenia:
in questo caso il numero delle piastrine torna nella norma in seguito
all’assunzione di ferro;
· Malattie infiammatorie
· Tumori;
·
Infezioni;
·
Cause
iatrogene: i due farmaci tipicamente colpevoli di trombocitosi sono cortisone e
alcuni farmaci anti-neoplastici, quali per esempio la vincristina
(anti-blastico utilizzato nelle leucemie pediatriche prevalentemente).
Caratteristica
principale di queste trombocitosi è che hanno il significato della VES, non
rappresentano quindi un pericolo per il paziente.
TROMBOCITEMIA
ESSENZIALE
La trombocitemia essenziale è una
malattia mieloproliferativa cronica, che è per definizione caratterizzata da
trombocitosi.
I criteri per
la diagnosi di trombocitemia essenziale del 1992 sono criteri di esclusione e
comprendono:
·
Mancato
rilevamento di poliglobulia;
·
Esclusione
della leucemia mieloide cronica;
·
Esclusione
della mielofibrosi;
·
Esclusione
delle cause di trombocitosi sopra riportate.
La scoperta
di JAK2 ha aperto nuovi orizzonti e nel 2008 sonno stati formulati dalla WHO i
nuovi criteri che sono:
·
Presenza
di trombocitosi sostenuta nel tempo (3 prelievi che confermano la trombocitosi
nel giro di 3-6 mesi);
·
Esclusione
delle altre forme di malattie mieloproliferative (leucemia mieloide cronica,
policitemia vera, mielofibrosi primitiva e mielodisplasie o altre neoplasie
mieloidi);
·
Dimostrazione
di un marcatore clonale, cioè JAK2V617F o di altri marcatori di clonalità,
oppure mutazione del recettore c-MPL (recettore piastrinico della
trombopoietina) o del gene della calreticulina CALR;
·
Osservazione
della proliferazione megaacariocitaria midollare
Per la
diagnosi sono necessari tutti e 4 questi
criteri.
È quindi
importante eseguire una biopsia midollare per osservare i megacariociti che
nelle forme di trombocitosi essenziale sono numerosi come nella forma
secondaria, ma anche displastici, con un nucleo a nuvola (cloud like) e si
raggruppano in cluster lassi.
Si può
riscontrare un aumento non significativo della granulocitopoiesi e
dell’eritropoiesi.
La
diagnosi di trombocitemia essenziale non è una diagnosi a prognosi infausta,
quindi la presenza di queste mutazioni genetiche e l’osservazione della biopsia
ossea sono dei criteri positivi di diagnosi quando indirizzano verso questa
patologia.
La
trombocitemia essenziale è una malattia non molto frequente, tuttavia non è
classificata tra le malattie rare.
Non
ha significative differenze di incidenza tra maschio e femmina, anche se
risulta essere un po’ più comune nella donne.
Ha
un’incidenza massimale, come le altre malattie mieloproliferative, tra i 50 e i
60 anni, ma può comunque presentarsi anche nel giovane e in età pediatrica.
La
diagnosi di trombocitemia essenziale è spesso secondaria al riscontro casuale
di una trombocitosi reiterata nel tempo, in quanto questa patologia non dà
alcun tipo di segno o sintomo e non comporta un peggioramento della qualità di
vita e dello stato di salute del paziente.
La
clinica non è quindi significativa.
Raramente
può essere presente un po’ di splenomegalia.
Spesso
il paziente può presentare iper-kaliemia, dovuta all’aumentata lisi
piastrinica.
La
vera preoccupazione per questi pazienti è però lo sviluppo di sindromi
trombotiche (arteriose, venose, ischemie del microcircolo à eritromialgia:
sindrome dolorosa al palmo delle mani e alla pianta dei piedi, che in
genere sono congesti).
La
trombocitemia essenziale è l’unica malattia mieloproliferativa che mostra una
certa incidenza nella donna in età fertile. Essa può dare adito a eventi
gravidici negativi, caratterizzati da aborti o da parti prematuri, dovuti alle
ischemie a livello del circolo placentare.
I
pazienti trombocitemici tuttavia spesso, invece di presentare trombosi,
presentano emorragie. Questi pazienti hanno infatti quella che si definisce
sindrome di von Willebrand acquisita, cioè hanno riduzione dei multimeri di
fattore di von Willebrand, probabilmente legata al fatto che il numero elevato
di piastrine in circolo porta alla loro attivazione, alla degranulazione e
quindi alla mancata funzione piastrinica in caso di loro effettiva necessità in
un secondo momento.
Il
paziente affetto da trombocitemia essenziale con età < 40 anni asintomatico
non va trattato, mentre dai 50 anni un paziente dello stesso tipo dovrebbe
assumere aspirina. Inoltre, nei pazienti di età più avanzata vanno controllati
i fattori di rischio cardiovascolare, che costituiscono un’ulteriore
indicazione alla somministrazione di aspirina.
È
indicato l’uso di cito-riduttori oltre all’aspirina nei pazienti sopra i 60-65
anni, perché in questi è stato dimostrato un aumentato rischio trombotico se
equiparati con la popolazione normo-piastrinica di pari sesso ed età.
I
cito-tossici sono indicati nei pazienti con grandi piastrinosi ed emorragie,
così come nei pazienti che hanno avuto pregressi eventi trombotici.
I
criteri di rischio trombotico sono:
·
Età
> 65 anni;
·
Precedente
evento trombotico.
La
mielocentesi o aspirato midollare è un esame citologico, che consiste
nell’aspirazione tramite un ago del sangue midollare e nell’esecuzione dello
striscio di sangue midollare su vetrino, che viene osservato al microscopio
dopo opportuna colorazione.
La
biopsia ossea è un esame istologico,
che consiste nel prelievo di un frustolo di osso con il suo midollo, che
permette non solo di visualizzare le cellule midollari, ma anche la struttura
che le sostiene, cioè il reticolo.
La
valutazione del reticolo permette di dire se c’è o meno mielofibrosi.
POLICITEMIA
La policitemia vera è la più comune delle
malattie mieloproliferative croniche.
La sua
caratteristica principale è l’Ht (percentuale del sangue corpuscolata,
costituita per la maggior parte da eritrociti, il cui valore normale si aggira
attorno al 45%) elevato, cioè un interessamento specifico della serie rossa (eritrocitosi [= Ht > 45%] o
eritrocitemia), che molto spesso si associa a leucocitosi e trombocitosi.
Le
cause di eritrocitosi si dividono
in:
·
Relative: l’Ht è aumentato non perché sono
aumentate le cellule del sangue, ma perché è diminuita la componente liquida
del sangue (es. disidratazione).
Un esempio di eritrocitosi relativa è l’eritrocitosi
da stress o sindrome di Gaisbok, determinata
da un’aumentata produzione di adrenalina, come nel caso degli studenti che
devono sostenere un esame importante, che è responsabile della comparsa di
policitemia secondaria. Le modificazioni ematochimiche che si hanno in questo
caso sono responsabili del richiamo di liquidi dal circolo al terzo spazio e
quindi di emo-concentrazione e di eritrocitosi relativa;
·
Assolute: l’aumento dell’Ht è dovuto all’effettivo
aumento delle cellule eritrocitarie.
Si distinguono in forme primitive (policitemia vera, dovuta a un’alterazione a
livello del midollo osseo) e secondarie (aumento
della produzione midollare non dovuto a un’alterazione del midollo).
Le forme secondarie sono solitamente
dovute a un’iper-produzione di eritropoietina, che può essere dovuta a motivi
fisiologicamente appropriati o fisiologicamente non appropriati.
L’eritropoietina aumenta in maniera
fisiologica:
o Nelle condizioni ipossiche (pneumopatie
croniche, tabagismo, apnee ostruttive notturne, sindrome di Pickwick
[caratterizzata da obesità, ipossia e poliglobulia], altitudine, intossicazione
da carbossiemoglobina);
o Assunzione di eritropoietina
ricombinante.
L’eritropoietina aumenta in maniera non
fisiologica in caso di:
o malattie renali: in cui l’infiammazione
renale si accompagna a un’aumentata produzione di eritropoietina;
o tumori (angioblastomi cerebellari, HCC,
meningiomi) capaci di produrre eritropoietina ectopica.
L’eritropoietina viene alterata dalla
carbossiemoglobina. Per questo motivo i grandi fumatori sono eritrocitosici.
Oltre ad aumentare la produzione di globuli rossi, inoltre, il fumo riduce il
volume plasmatico.
Nel
2008 sono stati aggiornati i criteri diagnostici per la policitemia vera da
parte della WHO. Essa ha dimostrato che la presenza di una mutazione di JAK2 o
simile è un criterio diagnostico maggiore nel paziente con aumentato Ht.
La
mutazione di JAK2 determina il fatto che l’eritropoietina non si distacchi mai
dalla coda del suo recettore, pertanto il messaggio di proliferazione
eritrocitaria diventa permanente.
La
policitemia vera è una malattia dell’età avanzata, è più frequente della
trombocitemia essenziale e colpisce prevalentemente gli individui di sesso
maschile.
I
casi di policitemia vera in età pediatrica e giovanile sono aneddotici.
La
clinica comprende splenomegalia ed epatomegalia.
I
pazienti con policitemia vera presentano lo stesso rischio trombotico dei
pazienti con trombocitemia essenziale, disturbi di tipo emorragico, soprattutto
a livello gastroenterico, e disturbi del microcircolo.
Altri
sintomi caratteristici della policitemia vera sono il prurito acquagenico
(prurito insopportabile, che insorge dopo essersi fatti la doccia), la cefalea
e le parestesie.
L’Ht
è alto, le piastrine e i leucociti possono essere aumentati (la cellularità è
comunque sempre a favore della serie rossa).
Può
essere associato un aumento della glicemia.
Accanto
al riscontro di segni e sintomi tipici della policitemia vera va sempre
valutata anche la presenza di una mutazione di JAK2.
Tipica
è anche la facies del paziente affetto da questa patologia, detta appunto
poliglobulica: la cute è congesta, i pomelli sono molto arrossati, le sclere
sono iniettate di sangue e i prolabi sono cianotici.
A
livello delle mani e dei piedi e riscontrabile l’aspetto tipico
dell’eritromialgia.
Il
33% circa dei pazienti policitemici presenta nell’arco della sua vita un evento
trombotico maggiore (embolia polmonare, ictus, sindromi coronariche acute,
trombosi venose).
Nel
quadro delle overlap syndrome il 16%
dei pazienti policitemici a 10 anni dalla diagnosi e il 35% a 15 anni dalla
diagnosi sviluppano una mielofibrosi.
Inoltre
l’1,3-1,5% dei pazienti policitemici diventa leucemico ogni anno.
La
leucemia mieloide acuta sembra essere, anche se non c’è certezza assoluta al
riguardo, l’end point fisiologico della policitemia vera.
La
leucemia mieloide acuta potrebbe comunque essere dovuta anche all’utilizzo di
cito-riduttori.
Tutti
i pazienti affetti da policitemia vera vanno trattati, a differenza di quanto
invece si fa per la trombocitopenia essenziale, in quanto senza trattamento si
ha un evento trombotico maggiore nel giro di 2 anni.
Il
paziente giovane affetto da policitemia vera deve essere sottoposto a salasso
periodico, per mantenere l’Ht sotto il 45%. Questo permette di riportare il
rischio trombotico a quello di un individuo dello stesso sesso ed età.
I
pazienti con policitemia vera devono inoltre essere sottoposti a una terapia
anti-aggregante (aspirina a basse dosi).
L’utilizzo
di cito-tossici è necessario quando:
·
il
paziente è anziano;
·
il
paziente ha già avuto un evento trombotico;
·
il
paziente, in seguito a salasso-terapia, va incontro a una trombocitosi.
Eritropoiesi: dalla cellula staminale totipotente c’è
un commitment verso la popolazione eritrocitaria, vengono attraversate tutte le
fasi di maturazione in senso eritroide (cellula staminale indifferenziata à cellula staminale appena differenziata à precursori eritroidi à cellule eritrocitiche mature).
Su
varie fasi della maturazione, nello specifico quelle iniziali, agisce una
citochina, l’eritropoietina.
L’eritropoietina
è prodotta in età adulta dalle cellule del rene, in particolare della corticale
e della midollare renale. In età fetale l’eritropoietina è invece prodotta dal
fegato.
La
produzione di eritropoietina è stimolata da un quadro ipossico.
I
recettori per l’eritropoietina sono massivamente presenti sui precursori
eritroidi.
Alterazioni
delle cellule renali, alterazioni della capacità di percepire l’ipossiemia,
condizioni di bassa ossigenazione stimolano la produzione di eritropoietina.
MIELOFIBROSI
PRIMARIA
La
mielofibrosi primaria o primitiva è
una malattia mieloproliferativa cronica, che consiste nella fibrosi del
reticolo midollare. Questo reticolo, assimilabile a una rete da pesca, mantiene
in posizione costante le cellule midollari, che non si muovono quindi a seconda
dei movimenti del soggetto, come farebbe invece un liquido.
Il
reticolo midollare è costituito da fibre collagene, prodotte dai fibroblasti,
cellule che originano dalla cellula staminale totipotente.
Quando
il midollo prolifera in senso fibroso per cause primitive si parla di
mielofibrosi primaria.
Tuttavia
il paziente può presentare fibrosi midollare anche per altri motivi. Uno di
questi è l’effetto della radiazione rilasciata dalla bomba atomica, che ha
determinato nei soggetti colpiti in una prima fase mielofibrosi, mentre in una
seconda fase leucemia mieloide acuta.
Allo
stesso modo anche la terapia radiante può determinare mielofibrosi.
Sarà
naturalmente più grave l’irradiazione e la conseguente mielofibrosi che
interessa ossa che contengono molto midollo, come quelle della colonna e del
cranio.
Tutti
i chemioterapici possono indurre mielofibrosi.
Molte
malattie ematologiche evolvono verso una mielofibrosi.
Anche
malattie endocrino-metaboliche, come il morbo di Paget e l’iper-tiroidismo,
possono determinare la comparsa di mielofibrosi.
Non
ultimo, anche il LES può determinare la comparsa di mielofibrosi.
La
mielofibrosi primaria è la forma idiopatica, che dal punto di vista morfologico
è uguale a tutti gli altri tipi di mielofibrosi.
I
criteri diagnostici della WHO del 2008 per la mielofibrosi primaria sono:
·
presenza
di JAK2V617F o altri marker clonali (per esempio MPLW515L/K o mutazioni della
calreticulina) o, in assenza di marker clonali, l’esclusione di mielofibrosi
dovuta a processi infiammatori o ad altre neoplasie;
·
proliferazione
reticulinica (incremento delle fibre reticolari e/o del collagene) del midollo
osseo, caratterizzata da iperplasia megacariocitaria e atipie morfologiche. I
magacariociti sono inoltre legati in cluster densi.
La
biopsia ossea, a parità di mutazione di JAK2, permette la diagnosi
differenziale tra mielofibrosi primaria e trombocitemia essenziale.
La
mielofibrosi evolve nel tempo sempre in leucemia mieloide acuta.
La
mielofibrosi primaria è una malattia dell’anziano, rara, non presenta differenze
di incidenza tra maschio e femmina e non si manifesta mai in età pediatrica
(tranne in caso di irradiazione).
Quello
descritto fino a questo punto è il quadro terminale, conclamato, della
mielofibrosi.
Le
fasi che lo precedono, dette floride, sono caratterizzate esclusivamente da
trombocitosi e da una modesta granulocitosi.
La
differenza clinica tra trombocitemia essenziale e mielofibrosi iniziale è molto
sfumata e richiede l’ausilio di un bravo anatomopatologo.
Quando
la malattia evolve si sviluppa:
·
splenomegalia:
particolarmente importante, la milza può arrivare fino alla fossa iliaca
sinistra;
·
epatomegalia:
non altrettanto imponente quanto la splenomegalia;
·
calo
ponderale: secondario alla crescita importante degli organi splancnici;
·
sudorazioni
notturne: che potrebbero anche far sospettare un linfoma o una leucemia;
·
leuco-/eritroblastosi
periferica: in circolo sono presenti eritroblasti con caratteristiche mieloidi
e mantenimento del nucleo;
·
anemia;
·
trombocitopenia;
·
neutrofilia.
Il
paziente con mielofibrosi primitiva ha bisogno di trasfusioni, comprese quelle
piastriniche, e finiscono spesso per diventare pazienti leucemici.
L’unica
terapia oggi disponibile nei confronti della mielofibrosi primaria è il
trapianto di midollo. Tuttavia sono controindicazioni al trapianto di midollo
l’età > 60 anni, la splenomegalia molto pronunciata, un pregresso evento
cardiovascolare, una pregressa trombosi.
Il
trapianto di midollo allogenico è quindi riservato solo a pazienti giovani, a
rischio intermedio-alto e senza comorbidità.
Per
cercare di aumentare il numero di globuli rossi si somministrano steroidi.
In
alcuni casi si usano anti-blastici, quali l’idrossiurea.
Nei
pazienti con splenomegalia di grado molto elevato si opera una splenectomia
chirurgica.
I
farmaci di più recente sviluppo sono inibitori di JAK2, che hanno un potente
effetto anti-citochinico e riescono in una buona percentuale di pazienti a
ridurre volume e consistenza della milza e la sintomatologia clinica.
Nessun commento:
Posta un commento