martedì 22 novembre 2016

Istopatologia dell'Infarto Miocardico Acuto (IMA)

Linfarto è unarea di necrosi ischemica e dal punto di vista istopatologico è una zona priva di struttura che nelle immagini di microscopia vediamo viola in quanto ricca di eosinofili.
Ma quanto tempo ci mette a svilupparsi la zona necrotica strutturata? La rapidità con cui si sviluppa necrosi dipende anzitutto dallagente lesivo: per esempio in unustione di terzo grado la necrosi è visibile quasi immediatamente, perché è generata proprio dal calore. Nel caso di un infarto però possiamo affermare che prima che la zona necrotica sia evidente istopatologicamente, ci vuole tempo (presumibilmente giorni, settimane) in quanto i meccanismi di morte cellulare sono diversi dalle altre situazioni. Quando si verifica levento ischemico non arriva né Oné metaboliti e per i vari meccanismi visti nelle precedenti lezioni si ha morte della cellula. La morte cellulare avviene in pochi minuti, ad esempio nel caso in cui si azzeri lapporto arterioso ai neuroni questi nellarco di 4 minuti muoiono, ma tale processo non è immediatamente visibile perché inizialmente agiscono meccanismi molecolari interni. Solo dopo un podi tempo si può notare la necrosi a livello morfologico come perdita di struttura perché prima ogni cellula interessata deve andare incontro ad una serie di trasformazioni, prime fra tutte quelle riguardanti il nucleo con i fenomeni di picnosi e carioressi.
   PICNOSI = condensazione della cromatina e conseguente riduzione volumetrica del nucleo che diventa sempre più colorabile per aumento della sua basofilia.
   CARIORESSI = frammentazione del nucleo cellulare in diverse parti di grandezza variabile, che vanno a depositarsi sulla faccia interna della membrana cellulare.
In seguito a queste prime fasi riguardanti il nucleo si verificano rottura e perdita della selettività della membrana plasmatica e successivo innesco di eventi litici che portano infine alla fase di necrosi in cui non vi è più il tessuto originario, ma materiale amorfo privo di struttura. Nel lasso di tempo in cui si sviluppa larea necrotica vera e propria si può osservare la cosiddetta NECROSI AD OMBRA
   NECROSI AD OMBRA: fase in cui la struttura complessiva del tessuto vi è ancora, ma mancano alcune parti cellulari come ad esempio i nuclei che si sono frammentati. Per esempio, nel rene infartuato, è possibile, nella fase di necrosi ad ombra, ritrovare ancora i tubuli, ma le cellule sono prive di nucleo.
NB: LA NECROSI AD OMBRA È SPECIFICA SOLO E SOLTANTO DELLINFARTO. Cioè si verifica solo se levento patologico è un evento ischemico.
Se un tessuto va in necrosi per un agente patogeno, ad esempio se unarea di rene è necrotica in conseguenza ad una infezione tubercolare, non si verifica necrosi ad ombra perché in tal caso il meccanismo che la ha generata è immunologico.

Ci vuole tempo perché si sviluppi linfiammazione che, nel caso dellinfarto, vedrò alla periferia dellarea necrotica inizialmente come infiammazione acuta e quindi con i segni che la contraddistinguono rubor, calor, tumor, dolor e dunque nella zona interessata vi sarà presenza di sangue, congestione da iperemia passiva e infiltrato di polimorfonucleati. In maniera dipendente dal danno e dallentità della flogosi può comparire anche la febbre (in genere accade nei grandi infarti ventricolari sinistri).


CONSEGUENZE
La necrosi si traduce ovviamente in perdita di contrattilità  e questo causa:
        Riduzione della gittata sistolica (conseguenza anterograda perché si sviluppa davanti rispetto al cuore).
        Shock caridiogeno: si verifica se linfarto è grande e la maggior parte del ventricolo sinistro è necrotica. Consiste in uninsufficiente perfusione periferica generalizzata che ha come base un problema al cuore. Può essere causato non solo da infarto ma anche da fibrillazione ventricolare. (conseguenza anterograda)
        Edema polmonare acuto su base cardiogena: dovuta al fatto che il ventricolo non viene quasi svuotato e ciò si traduce in un accumulo di liquido nel circolo polmonare, (conseguenza retrograda). (Avevamo già trovato ledema polmonare parlando di embolia grassosa in cui vi è edema polmonare di origine infiammatoria.)
Oltre ad esserci un problema di contrattilità vi è anche un problema elettrico perché larea necrotica è unarea in cui limpulso elettrico viene condotto di meno o addirittura azzerato quindi si possono verificare FENOMENI DI RIENTRO.

FENOMENI DI RIENTRO: Il potenziale dazione generato nel nodo seno-atriale viaggia poi lungo il nodo atrio-ventricolare, al fascio di His e poi si diffonde al miocardio. Questo è permesso dal fatto che ogni area depolarizza quella adiacente e questo è possibile perché il muscolo miocardio è un sincizio funzionale, grazie al fatto che ha delle zone a bassa resistenza che sono i dischi intercalari. Quando il potenziale dazione raggiunge unarea danneggiata la sua genesi in questa area è più lenta e man mano che esso arriva allarea morta, necrotica, finisce con lazzerarsi; ne consegue che limpulso elettrico non riesce a passare nella zona di necrosi.
Come si fa a depolarizzare la zona successiva a quella della necrosi? Limpulso è costretto a prendere altre vie, per esempio passando sopra o sotto larea di necrosi, ma il tempo impiegato per viaggiare attraverso queste vie collaterali è maggiore che non quello che avrebbe impiegato nella normale via anatomica. Il tempo in più che limpulso ci impiega a bypassare la zona necrotica permette alle cellule antecedenti di diventare nuovamente eccitabili in quanto tale tempo è sufficiente a farle uscire dal periodo refrattario assoluto. Trovando cellule eccitabili limpulso può prendere direzione anterograda rientrando per la stessa regione da cui proveniva.
Questo meccanismo di rientro è un meccanismo aritmogenico e dipende dal grado e dallestensione della lesione e può causare fibrillazione ventricolare. Il termine fibrillazione indica che la contrazione muscolare è aritmica e inefficiente,di conseguenza non ci sarà gittata sistolica, che avrà come effetto anterogrado lo shock cardiogeno e come effetto retrogrado ledema polmonare acuto. Il primo intervento da fare sul paziente in questo caso è ovviamente ripristinare il ritmo cardiaco, cosa che può risultare difficile se ha subito un infarto esteso. Altre situazioni complesse sono gli infarti parietali che coinvolgono i muscoli papillari che servono a far funzionare le valvole cardiache quindi se per esempio vengono colpiti quelli del ventricolo di sinistra, si stabilisce una insufficienza mitralica acuta per cui, ancora una volta, vi sarà riduzione della gittata sistolica, rigurgito in atrio, sviluppo di edema polmonare acuto. Tutte quelle viste finora sono complicanze acute e fra esse possiamo annoverare anche:
        Rottura di cuore: si realizza sempre acutamente anche se ci mette un popiù di tempo rispetto alle precedenti poiché accade quando larea infartuata è diventata tutta necrotica ed è quindi un  locus minoris resistentiae, che facilita la rottura del cuore nel cavo pericardico e conseguente tamponamento cardiaco acuto (Dobbiamo tener conto di questa complicanza nel caso in cui un paziente dopo 4 o 5 giorni dallinfarto manifesti un improvviso aggravamento perché la rottura di cuore causa riduzione della gittata sistolica e dunque shock).
        Sviluppo di un trombo murale: conseguenza di medio periodo perché ci mette un popiù di tempo a svilupparsi ed è dovuta anzitutto al danno endoteliale ma è favorita anche dalla ridotta contrattilità del cuore. Eventualmente dal trombo può partire un frammento e dare embolia sistemica spesso rilevabile nei pazienti che manifestano problematiche a livello cerebrale (per esempio il paziente può diventare afasico in seguito a lesione delle aree del linguaggio- area di Broca e area di Wernicke- dovuta a un frammento del trombo che ha intrapreso la via delle carotidi)
        Complicanze legate al meccanismo di guarigione: avvengono nel lungo periodo. NB: IL MIOCARDIO GUARISCE PER RIPARAZIONE in quanto, secondo la classificazione di Bizzozero, è costituito da cellule perenni.
Piccola nota: Secondo la classificazione stabilita da Giulio Bizzozero le cellule si distinguono in tre tipi:
1.      labili, soggette cioè a continuo rinnovamento per replicazione costante (cheratinociti, cellule del midollo osseo e della mucosa digestiva);
2.      stabili, che normalmente non replicano ma possono farlo in caso di necessità, come le cellule del fegato;
3.      perenni, che hanno perso la capacità di replicare una volta specializzate. Queste cellule si dicono terminalmente differenziate; esempi sono i neuroni cerebrali e le cellule muscolari striate.
Nonostante nel tessuto muscolare striato siano state trovate cellule staminali quiescenti (in fase G) che in caso di danno possono differenziare in fibrille muscolari, nel miocardio queste cellule, sebbene presenti, non hanno mai dimostrato di poter dare un contributo rigenerativo sufficiente. Dunque ogni lesione cardiaca, grande o piccola che sia, RIPARA cioè viene sostituita da una cicatrice e questo ha una serie di conseguenze:
        la zona cicatriziale non contrae
        si sviluppa miocardiosclerosi
        la contrazione non è più funzionale come prima
        da un quadro di crisi anginose ad uno stato di male continuo
        focolai aritmogenici: perché la cicatrice non conduce limpulso
        aneurisma: il connettivo, non essendo muscolo, non è in grado di reggere le pressione cardiache allo stesso modo del tessuto originario e tende a cedere più facilmente. Laneurisma a sua volta può avere ulteriori complicanze, può rompersi, originare trombi ed emboli etced è a sua volta aritmogenico perché è una dilatazione.
Tutto le cose viste finora per linfarto del miocardio valgono anche per tutti gli altri tipi di infarto: cerebrali, renali, splenico, arti inferiori (nel caso di ostruzioni alla arteria femorale o alla poplitea).
Vi sono tuttavia organi che risultano essere più protetti da episodi di infarto perché possiedono dei circoli vascolari anastomotici e sono: polmoni, fegato e intestino.

Perché nelle persone affette da anemia falciforme è frequente linfarto splenico?
Lemoglobina S (S deriva da sicle=falce) presente negli affetti se non è legata allossigeno tende ad aggregare e a precipitare. Questo avviene in particolar modo nella milza che è un organo poco ossigenato in quanto ha una circolazione detta apertaperché non ha un collegamento diretto tra arteriole e venule per cui il sangue quando esce dalle arteriole rimane per un pofermo nel parenchima dellorgano prima di riprendere il circolo venoso e questo ne favorisce la deossigenazione.
Nei malati di anemia falciforme anche il rene può andare incontro ad infarti nella regione della midollare perché riassorbendo acqua in tale zona la concentrazione dellHbS aumenta e tende ad aggregare più facilmente; quindi anche la concentrazione in soluzione è importante.

Tutto questo per dire che vi sono specificità di infarto locali a seconda delle situazioni.

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