lunedì 29 maggio 2017

Scelta del tipo di anestesia


La scelta di una fra le numerose tecniche di cui l’anestesista può attualmente disporre dipende da numerosi fattori quali, fondamentalmente, le caratteristiche del paziente, il tipo di intervento, la durata dello stesso, la postura obbligata sul tavolo operatorio, la dimestichezza dell’anestesista con le diverse metodiche, nonché le preferenze espresse da parte dell’operando.
In linea di massima, le indicazioni più frequenti all’anestesia generale possono essere così compendiate:bambini,pazienti non cooperanti (handicappati); interventi di chirurgia toracica, addominale, endocranica, maxillofacciale ed ORL; interventi di lunga durata o nei quali il paziente deve mantenere una postura scomoda o tale da non consentire un agevole controllo delle vie aeree da parte dell’anestesista; qualora sia controindicata un’anestesia loco-regionale (reazioni indesiderate in occasione di precedenti esperienze; equilibrio emodinamico instabile; anomalie del sistema nervoso centrale; infezione della sede d’infiltrazione od ostacoli anatomici alla centratura del bersaglio; pazienti con importanti alterazioni della coagulazione o in trattamento anticoagulante); qualora il paziente desideri espressamente di “essere addormentato” e non sussistano condizioni di rischio maggiori rispetto alla anestesia locale.
Quest’ultima può essere preferita, invece, in situazioni quali: interventi d’urgenza (quelli ostetrici in particolare) su pazienti a stomaco pieno; nei casi in cui vi sia controindicazione all’impiego dei miorilassanti (per es. miastenia gravis); quando si ritenga vantaggioso mantenere la respirazione spontanea ed evitare l’intubazione tracheale (per es. obesità, broncopneumopatia cronica ostruttiva); qualora sia necessaria la collaborazione del paziente in corso di intervento (per es. chirurgia della carotide); in odontoiatria, nella chirurgia degli arti e dell’anca, nell’endoscopia e nella chirurgia del tratto urogenitale, negli interventi perineali e per via vaginale; qualora il paziente chieda di “rimanere sveglio” e non vi siano controindicazioni particolari ad accontentarlo.
Per comprendere quali e quante possano essere le tecniche anestesiologiche utilizzabili, si consideri, a titolo esemplificativo, il caso di un paziente candidato ad intervento d’elezione sulla vescica urinaria: un ottimo risultato si può ottenere impiegando indifferentemente sia l’anestesia loco- regionale (scegliendo allora fra la tecnica peridurale, quella spinale ed il blocco sacrale), sia l’anestesia generale (con possibilità di scegliere fra tecnica inalatoria e tecnica endovenosa e, all’interno di queste sottosezioni, fra le diverse combinazioni di farmaci in grado di garantire: ipnosi, analgesia, miorisoluzione e, possibilmente, amnesia retrograda), oppure, ancora, associando al blocco anestetico loco-regionale la somministrazione di farmaci ipnoinducenti e sedativi allo scopo di controllare l’ansia e lo stress psichico che lo stato di veglia può comportare.
La chirurgia propone oggi trattamenti sempre più aggressivi nei confronti di pazienti affetti da patologie complesse e di età sempre più avanzata. Per questo all’anestesia moderna si chiede non solamente il controllo del dolore, l’abolizione della coscienza e del tono muscolare ai fini di poter eseguire l’atto chirurgico: in aggiunta a questo l’anestesista rianimatore deve fare fronte assieme al chirurgo al complesso delle problematiche generali del paziente, conciliandole con l’intervento. Pertanto deve contribuire alla preparazione all’intervento, al mantenimento degli equilibri fisiologici durante la fase intraoperatoria, e infine al controllo delle funzioni vitali nel periodo postoperatorio. Tutto questo si riassume nel concetto di medicina perioperatoria, che estende il ruolo dell’anestesista nella gestione complessiva del paziente chirurgico. 

giovedì 25 maggio 2017

Emorroidi


La storia chirurgica delle emorroidi è antichissima, tuttavia solo recentemente gli studi si sono moltiplicati in relazione all’estrema diffusione della patologia emorroidali.

Anatomia patologica e fisiopatologia
Le teorie patogenetiche che si sono succedute nel corso degli anni (varicosità venosa, iperplasia vascolare, scivolamento della parete anale) hanno recentemente subìto una revisione organica unitaria incentrata su alcune strutture presenti all’interno del canale al di sopra della linea dentata: i cuscinetti anali.
Tali strutture, in numero di tre, si trovano in posizione laterale sinistra, anteriore e posteriore destra del canale anale (assimilando quest’ultimo al quadrante di un orologio si troverebbero alle ore 3, alle ore 7 ed alle ore 11) (Fig. 19.19 b) e sono costituite da seni venosi (il plesso venoso emorroidario interno), sostenuti da tessuto connettivo al muscolo liscio, ricoperti da mucosa.Tali strutture, in condizioni fisiologiche, contribuirebbero, con il loro accollamento, alla chiusura del canale anale e quindi alla continenza.
La lassità intrinseca del rivestimento del canale con il cedimento del sostegno connettivale, aggravato da una congestione venosa distrettuale, ne determinerebbe dapprima l’ingrossamento e successivamente lo scivolamento in basso con la protrusione dei cuscinetti emorroidari.Tale processo è favorito da sforzi prolungati fatti durante la defecazione, oppure da fattori che aggravino la congestione venosa, quali una ipertonia dello sfintere interno, un utero gravido o un tumore pelvico.Tali cause, unitamente alla familiarità, all’età (prevalentemente III decade) ed al sesso (più colpito quello maschile) ne costituiscono anche le condizioni predisponenti. Esiste inoltre un altro plesso venoso (emorroidario esterno) posto superficialmente al di sotto della linea dentata e che può essere responsabile di una patologia, a carattere complicativo, del tutto autonoma rispetto alla precedente; il più delle volte tuttavia il plesso esterno viene a confluire con i cuscinetti emorroidari interni prolassati in maniera rilevante per il cedimento del sostegno fibroso connettivale che ancora l’anoderma al muscolo sfintere interno (Fig. 19.19 b). 



Sintomatologia

I sintomi della patologia emorroidaria sono essenzialmente due: il sanguinamento ed il prolasso.
Il sanguinamento è senza dubbio il sintomo principale ed è il più fastidioso per il paziente. Il sangue è solitamente di colore rosso vivo e privo di coaguli, e può essere notato sia nel “water” (in forma di gocce o spruzzi) sia sulla carta igienica. Un sanguinamento non in concomitanza con la defecazione è inusuale, mentre frequente è un’alternanza di periodi di relativo benessere con periodi di esacerbazione della sintomatologia. Il trauma dovuto al passaggio di feci dure, lo sforzo fatto durante la defecazione, lo strozzamento della componente interna del prolasso vengono comunemente riconosciuti come cause del sanguinamento.
Il prolasso, invece, può essere sempre presente o comparire con la defecazione; talvolta rientra spontaneamente, altre volte necessita di una riduzione manuale. Altri sintomi sono il dolore da ipertono dello sfintere, il prurito da scolo di muco, il senso di peso e d’ingombro.

Clinica
L’esplorazione digitale e l’ispezione consentono di diagnosticare solo le emorroidi più voluminose con prolasso della componente interna, le complicanze o gli esiti di queste e l’ipertono sfinterico.
La diagnosi, nella gran parte dei casi, è strumentale: la rettosigmoidoscopia e l’anoscopia, oltre a consentire di escludere altre patologie, permetteranno di stabilire l’entità del prolasso delle emorroidi interne (proprio su tale criterio è fondata una delle classificazioni). 



Diagnosi differenziale
Sono da escludere tutte le possibili cause di sanguinamento, dolore e gonfiore dell’ano: ragade, ulcera solitaria, prolasso (Fig. 19.19).
Fondamentale è la diagnosi differenziale con polipi o con il carcinoma rettale (è a tal fine che la retto-sigmoidoscopia deve sempre essere effettuata).

Terapia
Negli ultimi anni vi è stata una tendenza ad abbandonare l’emorroidectomia in favore di trattamenti più conservativi quali la scleroterapia, la legatura con laccio elastico, la crioterapia o, addirittura, il solo trattamento medico. Le terapie ambulatoriali sono volte essenzialmente a creare una necrosi o una fibrosi reattiva che ristabilisca un sostegno connettivale tra cuscinetto emorroidario e parete retto-anale.
Quando la lassità di tali fibre connettivali è imponente, tanto da non poter conseguire una riduzione spontanea del prolasso, l’unica ovvia terapia è l’escissione chirurgica.
La scelta del trattamento è basata sulla classificazione dei pazienti in quattro gruppi o in gradi.

I grado (lievi sintomi occasionali): la terapia si basa su norme igienico-dietetiche volte ad evitare gli sforzi prolungati ed a migliorare la stipsi, eventualmente, con blandi lassativi nella fase sintomatica.
II grado (sanguinamento senza prolasso): in questi casi sono previsti, variamente associati tra loro, legatura con laccio elastico, iniezioni sclerosanti, coagulazione con infrarossi e crioterapia, oltre alle norme igienico-dietetiche.
III grado (prolasso semplice): essenzialmente si pratica la legatura con laccio elastico, associata o meno alla crioterapia.
IV grado (prolasso con grossa componente esterna sintomatica): l’emorroidectomia offre, in questo caso, l’unica possibilità di guarigione.
Tale criterio in gradi costituisce un valido ausilio per l’orientamento terapeutico, fermo restando che qualsiasi trattamento va proposto esclusivamente ai pazienti sintomatici.
I risultati di tutti i presidi terapeutici, se correttamente indicati ed eseguiti, offrono altissime percentuali di guarigione con modeste sequele per il paziente.

Complicanze
Le trombosi sia del plesso venoso emorroidario interno sia della sua componente esterna (Fig. 19.20 c) e la tromboflebite emorroidaria esterna (Fig. 19.20 a) costituiscono non infrequenti complicanze e vanno differenziate dall’ematoma perianale (Fig. 19.20 b) che si presenta come un gonfiore emisferico di colorito bluastro in prossimità del margine anale privo di endotelio; il paziente avverte solitamente un dolore che aumenta con la stazione eretta, a causa della reazione infiammatoria locale determinata dall’ingrandimento del trombo stesso.
Tali lesioni, se non trattate, regrediscono spontaneamente nel giro di qualche giorno; di sollievo potranno risultare il riposo clinostatico,le pomate decongestionanti o con eparinoidi, antinfiammatori.Se tuttavia il paziente si presenta all’osservazione nella fase di acuzie,vale a dire nelle prime 24-48 ore, lo svuotamento del coagulo nell’ematoma e l’escissione delle emorroidi trombizzate offrono un sollievo immediato. 

sabato 20 maggio 2017

Patologie del surrene

Il surrene

Si trova sopra al rene ed è costituito da tre zone:
·      zona esterna: glomerulosa --> aldosterone; non è sensibile all'ACTH, ma è sensibile all'angiotensina II;
·      zone intermedia: fascicolata --> cortisolo, sensibile all'ACTH;
·      zona interna: reticolare --> androgeni, sensibile all'ACTH.
Si parte dal colesterolo e ci sono varie tappe: nella glomerulosa manca la 17-α-idrossilasi, che c'è nella fascicolata e reticolare. Qualsiasi blocco di un'attività enzimatica causa una malattia. Ci sono malattie che si chiamano difetto di un enzima x. Di solito i difetti enzimatici interessano:
1.     17-α-idrossilasi;
2.     11-idrossilasi;
3.     21-idrossilasi.

DIFETTO 17-alfa-IDROSSILASI
Nel difetto della 17-alfa-idrossilasi si blocca la produzione di ormoni sessuali da parte del surrene, del testicolo e dell’ovaio, in quanto è presente questo enzima. Quindi si blocca la steroidogenesi del surrene molto precocemente e questo comporta un blocco nella produzione del cortisolo (perché esso dipende dalla 17-alfa-idrossilasi); se manca il cortisolo aumenterà moltissimo l’ACTH. Però l’ACTH non può far progredire la steroidogenesi, perché manca comunque l’enzima, quindi fascicolata e reticolare non producono nulla a differenza della glomerulosa, però se andiamo a dosare l’aldosterone esso è comunque pari a zero nonostante  non dipenda dall’enzima.

Questi pazienti hanno l’aldosterone a zero quindi presentano una pressione altissima e il potassio molto basso. Potassio basso e pressione alta fanno pensare ad un iperaldosteronismo, quindi l’ACTH fa aumentare i precursori dell’aldosterone nella glomerulosa e uno di questi è il desossicorticosterone, chiamato anche DOC, in condizioni fisiologiche il DOC non ha una grossa affinità per il recettore dell’aldosterone però in questo caso l’ACTH lo fa aumentare così tanto che sostituisce l’aldosterone sul recettore dei mineralcorticoidi, quindi il DOC va sul recettore dei mineralcorticoidi tira dentro acqua, sodio e fa perdere potassio quindi causa ipertensione e ipopotassiemia, però se tira dentro sodio e acqua perché l’aldosteterone deve abbassarsi? Perché l’apparato iuxtaglomerulare riceve l’informazione che si ha tantissimo volume e quindi la renina viene bloccata completamente. Se manca la renina l’aldosterone si azzera.
Questa situazione si chiama pseudoiperaldosteronismo ed è definita da:
-       Ipertensione.
-       Ipopotassiemia.
-       Renina a zero.
-       Aldosterone a zero.
   
L’enzima è presente anche nelle gonadi quindi questi pazienti hanno un ipogonadismo completo (i maschi alla nascita vengono confusi per femmine, condizione definita come pseudoermafroditismo maschile, i genitali esterni sembrano femminili, vi possono essere piccoli abbozzi inguinali, ossia i testicoli, spesso confusi per ernie inguinali, abbastanza frequenti nel neonato) il pediatra deve misurare la pressione e riconoscere i segni dello pseudoiperaldosteronismo, dovuto a difetto della 17-alfa-idrossilasi.

Il prof racconta il primo caso che hanno studiato di pseudoermafroditismo maschile a padova, caso trattato con ormoni femminili, e con cortisiolo a dosi adeguate per ridurre l’ACTH, facendo così diminuire il DOC e normalizzare l’aldosterone con conseguente calo della pressione, questa paziente assumerà una terapia per la vita e starà bene.

Se si tratta di una femmina i genitali esterni saranno ambigui e verrà attuata una terapia con ormoni sessuali. Si utilizzerà una terapia sostitutiva a vita.

DIFETTO 21-IDROSSILASI
La 21 idrossilasi, trasformail 17-idrossi-progesterone in 11-desossicortisolo, ed è presente anche nella zona glomerulosa e blocca la produzione di desossicorticosterone (DOC), quindi mancherà l’aldosterone e il cortisolo. Se manca il cortisolo, l’ACTH aumenta, aumenta moltissimo il 17-idrossi-progesterone, esso devierà verso la produzione di androsterone, androstenedione, testosterone, quindi questi pazienti hanno uno spiccato aumento degli ormoni maschili, soprattutto dell’androstnedione, deidroaldosterone, testosterone.

Alla nascita questi pazienti se sono femmine avranno una virilizzazione perché la malattia è già presente in utero. Se noi non le trattiamo avranno un menarca precoce, avranno una crescita veloce che poi si blocca comportando una statura bassa perché gli ormoni maschili causano la diminuzione della cartilagine delle ossa. Il pediatra deve assolutamente fare diagnosi prima possibile, perché questi pazienti si curano facilmente.

Diamo cortisolo per normalizzare l’ACTH, il 17-idrossi-progesterone diminuisce e quindi i pazienti avranno una vita normale. Il maschio avrà lo sviluppo dei tratti sessuali secondari maschili, la statura sarà bassa, i testicoli piccoli perché aumentano gli ormoni sessuali prodotti dal surrene.

Si blocca la 21-idrossilasi nella zona glomerulosa quindi non si produce il desossicorticosterone non si produce il corticosterone e l’aldosterone, questo succede solo in una parte dei pazienti (difetto della 21-idrossilasi con perdita di sodio) ipotensione iposodiemia, ipopotassiemia.
In metà dei casi il difetto riguarda solo la zona reticolare, sembra che l’enzima sia un po’ diverso nelle due zone.
Quindi prima si fa la diagnosi prima si blocca l’effetto dell’aumento dell’ACTH, e dell’aumento degli ormoni maschili.

In questo difetto enzimatico ci sarà pressione normale o bassa.
Vi è un’altra condizione che consiste nel difetto della 21-idrossilasi che si manifesta con al pubertà nelle donne,  si chiama difetto ad insorgenza ritardata dell’enzima 21-idrossilasi. Queste ragazze stanno bene fino a quando nel menarca cominciano ad avere irsutismo, acne, caduta dei capelli, tutti i segni della sindrome dell’ovaio policistico, e misurando i 17-idrossiprogesterone, lo troveremo aumentato, non così aumentato come nel difetto genetico della 21-idrosilasi però sarà aumentato. Facendo un test all’ACTH in questi casi (ossia somministrandolo), il 17-idrossiprogesterone aumenterà moltissimo. Questo esame serve per confermare il sospetto clinico.
Questi pazienti si curavano col cortisolo o col cortisone, andando a bloccare l’ACTH, normalizzando il 17-idrossiprogesterone ma che sicuramente curerò come la sindrome dell’ovaio policistico. Bisogna prestare attenzione alla terapia perché si può causare una sindrome pseudocushingoide.
Questa patologia si manifesta con 1 caso ogni 3000/4000 nascite. Quindi è abbastanza frequente.

DIFETTO DELLA 11-IDROSSILASI
Questo enzima trasforma l’11-desossicortisolo in cortisolo. Si trova quindi solo nella zona fascicolata e anche in questo caso, mancando la produzione di cortisolo, l’ACTH aumenta. Ci sarà tanto 11-desossicortisolo e quindi l’ACTH nella glomerulosa farà aumentare il dessosicorticosterone (DOC) che è sensibile all’ACTH e ci sarà ipertensione, ipopotassiemia, entrambe già alla nascita. Il cortisolo sarà basso, l’11-desossicortisolo sarà alto. Questi pazienti si curano col cortisolo. Prima si fa diagnosi più i pazienti avranno una vita accettabile o addirittura normale.

MORBO DI ADDISON

È una situazione di ipocorticismo primitivo.
Il surrene un po’ alla volta non funziona più, la causa più frequente è quella autoimmune. Vengono prodotti autoanticorpi contro il surrene, soprattutto verso la via della steroidogenesi.

Gli enzimi più colpiti sono:
-       Aldosterone sintasi.
-       21-idrossilasi.
-       11-idrossilasi.
Praticamente il tessuto surrenalico viene invaso da linfociti Th-17 che sostituiscono piano piano il tessuto sano, mandando i pazienti in iposurrenalismo, che interessa tutta la corticale. Altre cause sono:
-       Infettiva: un Addison acuto è causato da un’infezione streptococcica (malattia di Waterhouse-Friderichsen) con iposurrenalismo acuto in corso di sepsi streptococica. Se non si fa la diagnosi immediata il paziente muore (se c’è una febbre elevata dosate sempre l’ACTH). Se il surrene non funziona l’ACTH aumenta in quanto manca il feedback negativo. Un’altra infezione è quella del meningococco e la tubercolosi sistemica (adrenalite tubercolare). La TBC sta ritornando frequente a causa dell’arrivo di extracomunitari che non vengono controllati.
-       Chirurgiche: surrenectomia totale a causa di tumori primitivi o di metastasi bilaterali.
-       Irradiazione dei surreni.
-       Presenza di anticorpi anti-fosfolipidi che possono portare ad una adrenalite con morbo di Addison.

Sintomi:
-       Astenia data dalla mancanza di cortisolo.
-       Affaticabilità.
-       Inappetenza.
-       Dimagrimento.
-       Sintomi digestivi (ricerca di autoantiorpi).
-       Sintomi ipoglicemici, dati dalla carenza del cortisolo.
-       Impotenza.
-       Amenorrea.
-       Fame di sale (manca aldosterone à si perde sodio e si ha molto potassio).
Segni:
-       Cute iperpigmentata data dall’eccesso di ACTH che va sui recettori della melatonina causando una pigmentazione accentuata, difficile identificazione nell’etnia nera.
-       Vitiligine. Spesso il morbo di addison non è una malattia confinata solo al surrene ma può essere correlata ad altre patologie autoimmuni (sindromi poliendocrine autoimmuni, SPA).
-       Mucose iperpigmentate (frenulo della lingua e mucosa orale in genere. mucosa genitale, a volte anche in modo disomogeneo).
-       Ipotensione ortostatica data dalla mancanza di aldosterone.
-       Perdita dei peli nella donna, dovuta alla diminuzione degli ormoni sessuali surrenali.
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La diagnosi si fa con gli esami di routine e poi specifici.

1. Emocromo: anemia macrocitica, dovuta alla gastrite autoimmune che comporta carenza di B12. Leucopenia con linfocitosi relativa, e gli eosinofili saranno alti per la mancanza di cortisolo. Dosaggio vitamina B12.
2. Esami di laboratorio: iperpotassiemia e iposodiemia. Cortisolo basso da misurare alla mattina e al pomeriggio. Fisiologicamente al mattino: 15-30 micrograami/dL, alla sera 5-6 microgrammi/dL. Dosiamo il cortisolo plasmatico (alle 8 e alle 14, o 16). Dosiamo il cortisolo urinario nelle 24H, perché è tutto il cortisolo prodott nella giornata e sarà basso. ACTH molto alto. L’attività plasmatica della renina sarà molto alta, dovuta alla mancanza dell’aldosterone, che porterà alla formazione di un circolo vizioso.
3. Esami strumentali: eco addominale, TAC addominale, TAC al torace per probabile tumore polmonare metastatizzato al surrene o anche per la TBC.

Nel morbo di Addison una volta fatta la diagnosi si comincia la terapia col cortisone, se ha una qualsiasi malattia infettiva o stress bisogna aumentare la dose. Tenete sempre presente che le malattie endocrine hanno sempre una fase sub-clinica.

venerdì 19 maggio 2017

Ragade anale

La ragade anale è una lesione longitudinale del tratto di canale anale rivestito da cute, vale a dire della zona compresa tra la cripta ed il margine anale. Sebbene nella sua forma acuta superficiale possa risolversi spontaneamente e dopo solo trattamento medico, essa di solito cronicizza mettendo a nudo le fibre dello sfintere interno. L’indurimento fibroso dei bordi laterali, la presenza di un’escrescenza cutanea distalmente alla ragade (“tag” sentinella), l’associazione di una papilla anale in corrispondenza della linea dentata (nodulo sentinella) costituiscono ulteriori criteri di riconoscimento della ragade.



Eziopatogenesi
L’eziologia è sconosciuta. Molti ritengono che la ragade anale sia causata dall’evacuazione di masse fecali dure; difatti il trauma reiterato sarebbe la causa sia della riapertura della ferita sia della mancata guarigione. Importanza sembra avere l’elevata pressione anale a riposo, la quale, peraltro, potrebbe essere secondaria ad uno spasmo dello sfintere indotto dal dolore. Pertanto si potrebbe ipotizzare che la lesione iniziale sia determinata da una iperdistensione del canale anale presumibilmente ad opera di feci eccessivamente dure (e ciò anche in relazione alle sedi nelle quali più frequentemente insorge la ragade anale, vale a dire la linea mediana posteriore ed anteriore che sono le zone sottoposte a maggiore tensione durante la defecazione) e che lo spasmo dello sfintere, secondario al dolore provocato dal passaggio delle feci, ne ritardi la guarigione.

Diagnosi
Quasi tutti i pazienti accusano dolore durante e/o dopo la defecazione e, non raramente, temono l’esplorazione digitale che può non essere necessariamente completa nel caso in cui il solo esame esterno della regione evidenzi la ragade, la “tag” sentinella e l’ispessimento fibroso dei bordi laterali. Il sanguinamento generalmente consiste in alcune macchie di sangue di colore rosso vivo più spesso sulla carta igienica. L’anoscopia e la sigmoidoscopia saranno differite se l’esplorazione digitale è stata difficoltosa. Il prurito è comune. Fortemente indicativa è una storia clinica di ricadute e remissioni.

Diagnosi differenziale
Oltre alle comuni cause di sanguinamento rettale è bene escludere la presenza di condizioni patologiche generalmente associate alla ragade anale, prime fra tutte le malattie infiammatorie dell’intestino e la tubercolosi ano-rettale, specie se la localizzazione è atipica.

Terapia
Trattamenti conservativi:
correzione della stipsi: è basata su norme igienico-dietetiche e sull’uso di blandi lassativi;
anestetici locali: l’uso di pomate anestetiche può essere di giovamento riducendo la sintomatologia
dolorosa e l’ipertono dello sfintere; uso di dilatatori anali;
farmaci miorilassanti;
tossina botulinica.
Trattamenti operatori: questi, tesi a risolvere l’ipertono dello sfintere, consistono nella dilatazione a quattro dita dell’ano, in anestesia generale, protratta per 3-4 minuti o nella interruzione dello sfintere interno al di sotto della linea dentata.
La sfinterotomia interna può essere posteriore o, come attualmente praticata con maggior successo e minori complicanze, laterale.