lunedì 29 maggio 2017

Scelta del tipo di anestesia


La scelta di una fra le numerose tecniche di cui l’anestesista può attualmente disporre dipende da numerosi fattori quali, fondamentalmente, le caratteristiche del paziente, il tipo di intervento, la durata dello stesso, la postura obbligata sul tavolo operatorio, la dimestichezza dell’anestesista con le diverse metodiche, nonché le preferenze espresse da parte dell’operando.
In linea di massima, le indicazioni più frequenti all’anestesia generale possono essere così compendiate:bambini,pazienti non cooperanti (handicappati); interventi di chirurgia toracica, addominale, endocranica, maxillofacciale ed ORL; interventi di lunga durata o nei quali il paziente deve mantenere una postura scomoda o tale da non consentire un agevole controllo delle vie aeree da parte dell’anestesista; qualora sia controindicata un’anestesia loco-regionale (reazioni indesiderate in occasione di precedenti esperienze; equilibrio emodinamico instabile; anomalie del sistema nervoso centrale; infezione della sede d’infiltrazione od ostacoli anatomici alla centratura del bersaglio; pazienti con importanti alterazioni della coagulazione o in trattamento anticoagulante); qualora il paziente desideri espressamente di “essere addormentato” e non sussistano condizioni di rischio maggiori rispetto alla anestesia locale.
Quest’ultima può essere preferita, invece, in situazioni quali: interventi d’urgenza (quelli ostetrici in particolare) su pazienti a stomaco pieno; nei casi in cui vi sia controindicazione all’impiego dei miorilassanti (per es. miastenia gravis); quando si ritenga vantaggioso mantenere la respirazione spontanea ed evitare l’intubazione tracheale (per es. obesità, broncopneumopatia cronica ostruttiva); qualora sia necessaria la collaborazione del paziente in corso di intervento (per es. chirurgia della carotide); in odontoiatria, nella chirurgia degli arti e dell’anca, nell’endoscopia e nella chirurgia del tratto urogenitale, negli interventi perineali e per via vaginale; qualora il paziente chieda di “rimanere sveglio” e non vi siano controindicazioni particolari ad accontentarlo.
Per comprendere quali e quante possano essere le tecniche anestesiologiche utilizzabili, si consideri, a titolo esemplificativo, il caso di un paziente candidato ad intervento d’elezione sulla vescica urinaria: un ottimo risultato si può ottenere impiegando indifferentemente sia l’anestesia loco- regionale (scegliendo allora fra la tecnica peridurale, quella spinale ed il blocco sacrale), sia l’anestesia generale (con possibilità di scegliere fra tecnica inalatoria e tecnica endovenosa e, all’interno di queste sottosezioni, fra le diverse combinazioni di farmaci in grado di garantire: ipnosi, analgesia, miorisoluzione e, possibilmente, amnesia retrograda), oppure, ancora, associando al blocco anestetico loco-regionale la somministrazione di farmaci ipnoinducenti e sedativi allo scopo di controllare l’ansia e lo stress psichico che lo stato di veglia può comportare.
La chirurgia propone oggi trattamenti sempre più aggressivi nei confronti di pazienti affetti da patologie complesse e di età sempre più avanzata. Per questo all’anestesia moderna si chiede non solamente il controllo del dolore, l’abolizione della coscienza e del tono muscolare ai fini di poter eseguire l’atto chirurgico: in aggiunta a questo l’anestesista rianimatore deve fare fronte assieme al chirurgo al complesso delle problematiche generali del paziente, conciliandole con l’intervento. Pertanto deve contribuire alla preparazione all’intervento, al mantenimento degli equilibri fisiologici durante la fase intraoperatoria, e infine al controllo delle funzioni vitali nel periodo postoperatorio. Tutto questo si riassume nel concetto di medicina perioperatoria, che estende il ruolo dell’anestesista nella gestione complessiva del paziente chirurgico. 

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